GIARDINARE.IT - CAPITOLO 12
La ghiaia scienza
di Mariangela Barbiero
Nel fare il giardino si passano diverse fasi, come quella, per dire, alla ricerca di piante insolite, che in Italia spesso coincide con l’entusiasmo per le acidofile, come fu appunto il mio caso, tanto da farmi rifare addirittura un’aiola, grande quasi un quarto del giardino, per la profondità di almeno 50 cm, sostituendo il tipico terreno carsico calcareo (terreno è una parola grossa, diciamo tutte le pietre) con torba a Ph 3 (sic). Non ero giovane e inesperta, ero solo inesperta. Tra gli operai della ditta che si occupava di ristrutturare la casa, c’era un giovane muratore serbo che, per mia fortuna, era stato contadino prima di migrare. Mi ha insegnato e raccontato molte cose. Per esempio che a casa sua, al confine con la Romania, le pietre le compravano e le facevano arrivare col treno, lo invece me ne dovevo liberare continuamente. Ogni buca che facevo - e che faccio tuttora, poi vi racconto - ne ricavo quintali. A volte me ne sbarazza la ditta (l’ultima volta, quando ho creato il nuovo giardino di fronte all’ex garage, ora serra, ne hanno portato via sei tonnellate), a volte andavo/vado in Carso e me la sbrigo da sola, lo credevo che portare le pietre in Carso fosse più o meno come portare vasi a Samo, inutile ma non proibito. Avevo trovato un bel posticino, lontano dalla strada e dove, senza disturbare nessuno, potevo scaricare le pietre dal bagagliaio della macchina. Un bel giorno trovai un grande cartello con scritto: 'TENTO, TE TEGNO DE OCIO E UN GIORNO O L’ALTRO TE BECO (attento, ti tengo d’occhio e un giorno o l’altro ti becco). Un po’ mi spaventai, un po’ mi venne da ridere, perché di certo chi l’aveva scritto non poteva immaginarsi di trovarsi davanti una signora di mezza età e di mezza statura (più o meno 154 cm). Comunque non ci tornai, non là almeno... e non col medesimo proposito: adesso cerco pietre grandi perché mi è venuto in mente di fare un giardino roccioso, tanto per cambiare. Lo sapete già che come un pittore povero ho una
sola tela, per cui, come vi ho già raccontato, vi ridipingo sopra.
Dunque, per tornare alle mie acidofile, il mio amico serbo non poteva credere che ci fossero piante che potessero crescere nella torba pura (e aveva ragione lui), secondo lui il substrato era troppo sciolto perché vi si potessero stabilizzare. lo comunque non lo ascoltai perché credevo di saperne di più, visto che lui non aveva mai sentito parlare di rododendri e compagnia acidofilante. Sia come sia, provai tutte le acidofile disponibili in Friuli e dopo tre anni il terreno era ritornato basico e tutte le nuove arrivate avevano tirato le cuoia. Qualcuna, poche, durò di più, ma a tutt’oggi ho - trent’anni dopo - ancora solo il rododendro ‘Cunninghan’s White’ e la skimmia ‘Rubella’, perché stanno sotto l’abete rosso che in qualche modo con i suoi aghi inacidisce il terreno. Non che abbia rinunciato del tutto alle acidofile, solo che so che non sono per sempre (ma come mi ha detto una volta il mio dentista ‘niente è per sempre’). Mi piace molto l’hamamelis e quando mi fa capire che proprio non ne può più, la sostituisco con un’altra e in un altro posto. L’ultima l’ho messa due anni fa, Hamamelis x intermedia ‘Arnold Promise’. Avevo letto che questa cultivar in autunno perde completamente le foglie e i fiori compaiono sul ramo nudo, mentre in talune specie e cultivar restano, e nella mia passata esperienza restavano. In questo suo primo inverno sono restate, tuttavia era ugualmente bellissima, anzi le foglie marron belle secche, ma non mollicce, erano molto decorative. Vedremo come si comporterà l’anno prossimo.
Come vi ho già detto, dopo l’enorme perdita della kerria, sto rifacendo l’aiola e mi piace come sta venendo. Vi ho spostato non solo la nuova hamamelis, ma anche un cornus nano. Dal punto di vista del disegno del giardino, prima era bellissima e impeccabile (l’aiola), ma se mi soffermo solo sull’impianto, facendo finta di non vedere il tetto del camper dei miei vicini, sono sovraeccitata. Intanto ho aggiunto due rose alla base dell’inferriata di confine, una è la rosa bianca ‘Aspirin’ della Tantau e l’altra è una sarmentosa da seme, di cui ancora non so il colore. E’ tre anni dacché l’ho trovata nella stessa aiola dove avevo la rosa ‘Sea Foam’ che ho tolto e rimpiazzata con un lillà che avevo da un’altra parte, dove non faceva molto a causa dell’ombra. La ‘Sea Foam’ era diventata imbarazzante, tanto si era fatta grande. Per molti
anni aveva fatto il suo, ma ormai dovevo sempre tagliarla per poter far passare i visitatori lungo il sentiero, e non mi sono addolorata neH’eliminarla.
Il lillà Syringa microphylla ‘Superba’ è il più bello che ci sia, a mio avviso. Ce n’è un bell’esemplare anche al Civico Orto Botanico di Trieste, ma il mio era bello solo in primavera, perché poi l’ombra degli alberi nella bordura di fronte nella bella stagione non permetteva la seconda fioritura. Invece dov’è ora è la magnificenza fatta persona, per così dire. Ha fiori di un rosa arrossato, profumatissimi, le foglioline molto piccole lo rendono un arbusto delizioso, a differenza del lillà tradizionale, che è meglio collocare un po’ fuori vista, perché dopo la fioritura è un albero piuttosto grossolano. Ci sono anche dei lillà nani, ma, per quanto ne so, nessun altro fiorisce due volte... o anche tre se la posizione, la terra e l’acqua sono di suo gusto, lo ci conto assolutamente, sul tre, ovvio.
Molto vicino all’hamamelis ho spostato un Cornus stolonifera ‘Kelseyi’ sin. C. sericea, che d’estate è piuttosto anonimo, ma d’inverno è magnifico per la sua massa di rametti sottilissimi, che variano dal rosso al giallo e all’arancione. Naturalmente per gustarlo deve essere illuminato dal sole, e così è. L’ho acquistato on-line in Inghilterra anni fa dopo averlo visto in dicembre a Londra, innamorandomene, coup de coeur, come dicono in alemanno... Ma oggi si trova anche in Italia, sempre online, ho appena controllato.
Ma torniamo al giardino roccioso, insomma giardino con qualche roccia affiorante. Intanto per farlo bene dovrei rubare un’altra bella pietrona, con un complice di buona stazza, ça va sans dire. L’ultima volta che ne abbiamo presa una, abbiamo poi trovato la zona delimitata e la scritta ‘proprietà privata’ (magari era una pietra che vi avevo sbolognato io). In Carso le pietre non possono né aumentare né diminuire, devo farmene una ragione.
Perché il giardino roccioso? Ho sempre pensato che i giardini rocciosi o ce li hai o ci rinunci, considerato che hanno sempre un’aria molto molto artificiale. Ma è una sfida e l’ho raccolta. La storia comincia quando ho dovuto eliminare una bella porzione di giardino invasa da una magnifica quanto irrefrenabile pervinca, la Vinca major var. oxiloba ‘Dartington Star’ (mi domando sempre perché major e non maior, come dovrebbe essere in latino, boh).
Ora l’ho confinata in un angolo, ai piedi dell’Hydrangea petiolaris, ho fatto due grandiose buche per due ortensie, da cui ho ricavato un montón di pietre (chissà che fine faranno?), nonostante in quel posto abbia scavato un montón di volte. E’ sempre così: ogni volta che faccio una buca, sembra che si tratti di una zona ‘illibata’. Chi verrà dopo di me penserà che il Carso pietroso sia un mito. Pensate che la prima volta che ho scavato in quel posto era un lunedì di Pasqua e, incredibilmente, mio marito aveva deciso di darmi una mano: alla fine della giornata avevamo scavato tra i 20 e i 30 cm per un’area di 10 mq. Dovevo piantare una rosa ‘Mme Alfred Carrière’. Feci un piccolo buco proprio a ridosso del tronco di un carpino e le dissi: se sei brava ti trovi tu il posto tra le sue radici. E così fu, anzi fu talmente brava che coprì tutta la chioma dell’albero, che non riuscì più a fare la fotosintesi e che morì, come un altro amico giardiniere mi aveva predetto. Al suo posto Maurizio Usai mi ha creato a sostegno della rosa una pergola fantastica, che sembra nata con la casa, più di cento anni fa. Chapeau!
Comunque, ho piantato le ortensie (Hydrangea serrata ‘Preziosa’ e H. macrophylla ‘Lady in Red’), ho spianato il terreno e l’ho ricoperto di ghiaia. All’alba del mio tirocinio in giardino - fino a quel momento avevo giardinato solo in terrazza - un amico giardiniere mi aveva spiegato che nel terreno si mette il concime, che metaforicamente parlando è come farina e uova, concime che viene assorbito dalle radici, inviato verso l’alto sotto forma di linfa che poi lo trasforma in panini e brioches (le foglie): dev’es-sere lo stesso con la ghiaia: ogni tot anni spando nuova ghiaia in giardino e dagli antipodi mi mandano su le pietre, deve essere così che procede la Natura.