Ma non è obbligatorio fiorire?
Considerazioni sul perché le nostre piante talvolta non fioriscono.


A cura di Ugo Laneri

I fiori:
per molti una gioia, un godimento dello spirito,
un messaggio poetico di primavera e molto altro:
ma che cosa c’è dietro e come evitare la delusione della mancanza di fioritura?

Storia minima dei fiori e della riproduzione

Uno dei più importanti fattori evolutivi degli organismi viventi è stata la capacità di generare variabilità, ossia di formare una prole con caratteristiche genetiche più o meno diverse da ognuno dei genitori. Il meccanismo di ricombinazione dei caratteri ereditari, i geni, presenti nel DNA (soggetti a continue mutazioni), ha raggiunto nelle specie animali e vegetali la massima espressione, consentendo a questi organismi complessi (ma anche a quelli più semplici), di affrontare gli inevitabili mutamenti ambientali, purché non troppo rapidi, e di colonizzare i più vari ambiti.
Nelle piante un fenomeno evolutivo vincente è stata la formazione dei veri fiori* e in quella concomitante dei veri frutti, che troviamo nelle Angiosperme o Magnoliofite, divenute così conquistatrici del pianeta.

*Per “veri fiori” non s'intendono le rudimentali strutture riproduttive delle piante primitive come le Gimnosperme, a cui appartengono le conifere, bensì fiori più evoluti che sono spesso ermafroditi, cioè contengono sia l’apparato “maschile” (che produce polline) che “femminile” (che produce ovuli contenuti in un ovario, e dopo la fecondazione semi contenuti nei frutti).

Ma che cosa è in comune a tutti i viventi?

Ogni organismo persegue lo scopo basilare, l’imperativo, di riprodursi, per conservare la specie di cui fa parte, ovvero il suo DNA. La riproduzione** si basa sulla fusione dei patrimoni genetici dei genitori ma, per mantenere stabile la quantità di geni presenti nel genoma (il complesso dei caratteri ereditari) della prole, ambedue i patrimoni devono essere dimezzati.
Opportunamente, i geni non sono ammassati casualmente nel nucleo della cellula, ma sono organizzati in strutture macromolecolari ben identificabili, i cromosomi.
Dimezzato il numero dei cromosomi con un meccanismo complesso e molto preciso, la meiosi, i genomi così ridotti (portati da cellule specializzate, i gameti) si fondono nella prima cellula, lo zigote, avente metà dell’informazione genetica proveniente dal padre e metà dalla madre.
In ogni cellula del nuovo individuo generato da quella fusione il numero dei cromosomi è quello tipico della specie. Lo zigote si sviluppa poi in embrione e, nelle piante, in seme e frutto, ma prima di tutto c’è stato il fiore; qui, durante il suo sviluppo avviene la meiosi e la formazione dei gameti.
Dagli ovuli contenuti nell’ovario, che si trova alla base della parte femminile di esso, pistillo o gineceo, si potranno poi formare, dopo l’impollinazione e la successiva fecondazione (unione dei gameti), semi e frutti (però in alcune specie e varietà coltivate, il frutto talvolta si forma senza che sia avvenuta la fecondazione).

**Si preferisce limitare il termine “riproduzione” a tale processo, distinguendolo dalla propagazione vegetativa (in cui non sono coinvolti i gameti), che si attua in natura mediante la produzione di stoloni, polloni, crescita di rizomi ecc., e artificialmente con le talee, gli innesti ecc. È da notare che la riproduzione è stata “inventata”, per produrre variabilità genetica, già dagli organismi più semplici.

Diagramma di un fiore ermafrodito

cioè con apparati riproduttivi maschile (androceo) e femminile (gineceo).
Da: Mariana Ruiz Villarreal (@LadyofHats).

La formazione dei primi fiori ha avuto origine circa 200 milioni di anni fa (o forse anche più) e quindi si è evoluta fino ad oggi, dando origine a strutture le più varie e meravigliose.
Prosaicamente, i fiori sono gli apparati sessuali, più o meno evoluti, delle piante cosiddette superiori.

Ma allora, se è così importante, perché le nostre piante talvolta non fioriscono?
Cercheremo qui di esaminare le cause di tale insuccesso, con qualche divagazione sulla fioritura/fruttificazione.

Piante annuali, biennali, perenni

Le piante si possono dividere in annuali, biennali e perenni. In tutte si possono distinguere i seguenti stadi: germinazione, sviluppo vegetativo, fioritura, impollinazione, formazione e successiva dispersione di semi/frutti.
Nelle annuali, la pianta compie il suo intero ciclo vitale molto rapidamente: la germinazione, la fioritura e la dispersione di semi si verificano entro l’anno.
Nelle biennali vi è una prima fase vegetativa in cui la pianta solitamente passa l’inverno, poi nel secondo anno vi è la fioritura a cui seguono gli altri stadi.
Nelle perenni la fioritura avviene dopo un certo numero di anni
.

Le due fasi vitali di un albero o altra pianta perenne

Come mai ci vogliono anni per la fioritura di un albero o di altra pianta perenne? Distinguiamo due fasi principali: la prima è la fase vegetativa, correlata con la longevità, durante la quale la pianta cresce e acquista biomassa. Uno dei principali requisiti, quindi, per la fioritura degli alberi o altre specie perenni è il raggiungimento di un’adeguata biomassa, ovvero di una determinata età fisiologica.
Quando la pianta inizia a fiorire si dice che ha raggiunto la maturità; da quel momento essa solitamente fiorisce tutti gli anni, alternando nel suo ciclo annuale una o più fasi vegetative ad una o più fasi riproduttive (cioè di fioritura). Ma il processo non è automatico, perché il passaggio da una fase all’altra è regolato da fitormoni, che a loro volta sono sintetizzati in risposta a determinati stimoli. Come esempio di piante che impiegano molti anni per fiorire quando originano da seme si possono citare il glicine e la quercia.




Fiori di glicine

(Wisteria sinensis)



Ramo e ghiande di farnia

(Quercus robur)

È da notare che generalmente è più facile propagare vegetativamente (ad esempio mediante talea) una pianta in fase giovanile che una in fase adulta. Ma se si riesce a propagare una pianta adulta, allora la nuova entrerà rapidamente in fioritura mantenendo il carattere di maturità, a prescindere dalla biomassa. Perciò, se si dovesse acquistare ad esempio un glicine, è importante che la pianta, anche se piccola, sia già in fiore (quindi che sia stata ottenuta dalla propagazione – per talea o margotta – di una pianta adulta).

Alcune specie perenni fioriscono, fruttificano e diffondono i semi una sola volta nella vita e poi muoiono: esse vengono dette monocarpiche. Ad esse appartengono le Agavi e molte Bromeliacee; prima di morire però esse generalmente hanno prodotto anche diversi polloni alla base della pianta.

Una dimostrazione dell’importanza di avere una biomassa adeguata per la fioritura si ha in molte bulbose o simili: il bulbo/cormo deve aver raggiunto una certa dimensione, diversamente non fiorisce.
Quando si acquistano bulbi/cormi, per avere una pronta fioritura deve essere garantita la “forza fiore”, con cui viene indicata la circonferenza minima in cm del bulbo/cormo per assicurare questo risultato.



Propagazione vegetativa del  castagno
(Castanea sativa)
in fase adulta tramite polloni.

(Ma cosa sono i polloni?)

L’agenda della fioritura

Anche nella fioritura si possono distinguere due fasi principali, la prima delle quali è l’induzione. È in tale fase che nei meristemi arrivano segnali che determinano la differenziazione*** dei tessuti che costituiranno i fiori. Tali segnali sono ancora oggetto di studio; spesso il segnale è legato a un cambiamento della temperatura (a cui si accompagna altrettanto spesso una variazione del fotoperiodo).
Una volta che l’induzione è avvenuta, la fase di antesi, cioè la fioritura, avviene generalmente senza particolari problemi.
La differenziazione dei fiori può essere precoce o tardiva; ciò è fondamentale per stabilire il momento della potatura. Ad esempio la mimosa (Acacia dealbata) differenzia i boccioli fiorali già l’estate precedente, e va potata quindi subito dopo la sfioritura.

Mimosa (Acacia dealbata)


Boccioli fiorali


Fioritura


Nelle rose ci sono cultivar che differenziano le gemme fiorali sui rami dell’anno (ad esempio gli ibridi di Tea, HT) e altre invece (rose antiche e “botaniche”, non rifiorenti) sui rami dell’anno precedente; nelle prime la potatura può essere drastica, mentre non così nelle seconde, in cui la potatura, se necessaria, va effettuata subito dopo la fioritura.
Vedi ad esempio: https://ortosemplice.com/come-potare-le-rose


Rosa H.T. ‘Peace’ (‘Gioia’ in Italia)

Rosa sempervirens

Rosa foetida

In ambienti desertici, con rare precipitazioni, alcune specie attendono la pioggia in uno stato quiescente; quando questa arriva, si assiste a una vera esplosione di fioriture: tutto è accelerato, i fiori vengono subito impollinati, poi si ha la formazione dei frutti/semi e la loro dispersione.
Simile è l’insorgenza della fioritura delle specie nelle regioni artiche con l’innalzarsi delle temperature nella breve estate.


Un esempio di pianta in grado

di sopravvivere in ambienti estremi siccitosi:

la Lithops lesliei.

Guarda qui come coltivarla

Ruolo della luce

Sappiamo che la necessità di luce, cioè l’intensità della radiazione fotosintetica, varia da una specie all’altra. Esistono piante eliofile, intermedie e sciafile: le prime amano il pieno sole, mentre le sciafile vivono all’ombra.
Le piante si possono adattare in parte, anche aumentando o diminuendo la dimensione delle foglie, ma non più di tanto. Ad esempio, piante eliofile come le Bougainvillea e i pelargoni (i comuni gerani) possono aumentare la dimensione delle foglie, ma esse e molte cactacee non fioriranno se tenute all’ombra.
Non basta però un’intensità di luce corretta; per molte piante è fondamentale anche la durata della notte (e del giorno), perché sono fotoperiodiche, ovvero soggette al fotoperiodismo, fenomeno per cui molte specie devono sottostare a determinati cicli (durata in ore) di buio/luce.
Numerose piante non fioriscono finché la notte non diventa abbastanza corta e, al contrario, il giorno abbastanza lungo (così avviene in primavera/estate): esse vengono dette longidiurne. Altre invece fioriscono quando la notte supera una certa lunghezza e, viceversa, il giorno è corto: esse vengono dette brevidiurne; così la Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima) della foto e diverse Asteracee come il Topinambur (Helianthus tuberosus), di cui vediamo i “fiori” e i tuberi, e alcuni Astri (Aster), crisantemi (Chrysanthemum) ecc.


la Stella di Natale
(Euphorbia pulcherrima)
Topinambur (Helianthus tuberosus)

Fiore

Tuberi



Si deve sottolineare che le piante eliofile per fiorire necessitano di un minimo di ore di intensa luce.
Altre piante sono indifferenti al fotoperiodo, pertanto vengono dette neutrodiurne; tra esse ad esempio la violetta africana della foto a fianco (Saintpaulia ionantha), lo Streptocarpus caulescens e molte rose (almeno quelle rifiorenti).




Ruolo della temperatura

Ogni pianta, sia una specie “botanica” sia una cultivar, ha il suo optimum di temperatura in cui prospera e un ambito di temperature (tra un minimo ed un massimo) in cui può vivere, anche se in parte può adattarsi.
Ma per fiorire diverse piante devono prima essere sottoposte ad un periodo di basse temperature. Si è visto che, ad esempio, i Cymbidium (orchidee caratterizzate da buona rusticità) per fiorire devono stare al fresco delle notti seguenti all’estate, quindi stare all’aperto; infatti se sono tenuti in casa solitamente non fioriscono.
Anche per le Rosacee è molto importante aver passato un periodo al freddo, tanto è vero che in alcune varietà di fruttiferi, con gli inverni ormai troppo caldi, si ha una fioritura molto ridotta, se non addirittura assente.
Per altre lo stimolo consiste nel passaggio a temperature più elevate.
Si può parlare infatti di termoperiodo.

Ruolo dei nutrienti

La pianta deve essere in grado di “sopportare” la fioritura, cioè avere sufficienti riserve nutritive, compresa l’acqua (ma vedi oltre, a proposito di stress); però sicuramente non vi deve essere troppo azoto disponibile, il quale stimola soprattutto la fase vegetativa. Poiché le due fasi (vegetativa e riproduttiva) sono spesso in competizione tra loro, in certe specie la fase vegetativa può sopprimere quella riproduttiva.
Si è osservato che il rapporto tra potassio e azoto è fondamentale: una preponderanza del primo favorisce la fase riproduttiva, mentre un eccesso del secondo può inibirla. Infatti si trovano in commercio concimi per piante da fiore in cui il potassio è in percentuale più alta dell’azoto; importanti sono anche il fosforo (tranne che per le Proteacee, per le quali, malgrado risulti strano, esso va evitato) e gli altri macro/micronutrienti.
Per alcune piante succulente (impropriamente dette “grasse”) si usano addirittura concimi con rapporti 1:3:5, cioè 1 parte di azoto, 3 parti di fosforo (anidride fosforica) e 5 parti di potassio (ossido di potassio).
È da notare inoltre che certe piante, annaffiate eccessivamente, vegetano in maniera abnorme; anche questo potrebbe inibire la fioritura.

Umidità ambientale

A parte il fatto che certe specie necessitano di altissima umidità ambientale per vivere, in alcune si ha la formazione di boccioli che, però, poi cadono. Ciò può essere dovuto al fatto che esse, come ad esempio gardenia e camelia, si sono evolute in un ambiente umido; ecco quindi che saranno molto sensibili al vento, spesso asciutto, o ad ambienti interni, caratterizzati da bassa umidità relativa.

Piante in salute o meno

È scontato che la pianta per fiorire deve essere in buone condizioni sanitarie, oltre che fisiologiche, cioè non avere parassiti o malattie che possano alterarne il metabolismo e impedirne le normali funzioni. Anche senza arrivare al disseccamento (che può derivare da vari agenti), ad esempio una pianta con apparato radicale compromesso da malattie non riesce ad assorbire i necessari nutrienti, pertanto non potrà fiorire.
Allo stesso modo reagisce una pianta con attacchi massicci di parassiti succhiatori, come afidi, cocciniglie, aleuroidi ecc., che si nutrono della linfa; ugualmente si ha per infestazioni pesanti dei tanti parassiti defogliatori che impediscano una sufficiente fotosintesi.
I virus vegetali, solitamente portati da insetti succhiatori, possono provocare vari danni e deprimere fioritura e fruttificazione, oltre a produrre deformazioni, maculature, ingiallimenti, nanismo o gigantismo, addirittura fino alla morte.


La gerarchia degli organi

In numerose specie si è osservato che vi è una rigida gerarchia nello sviluppo dei vari organi: frutto>fiore>parti verdi (vegetazione): cioè la presenza del frutto inibisce la formazione di altri fiori e la presenza dei fiori inibisce la fase vegetativa.
Ecco perché per far rifiorire una rosa (purché geneticamente rifiorente), bisogna eliminarne i cinorrodi (gli pseudofrutti), anzi evitare del tutto che si formino, togliendo i fiori appassiti (così in ciclamini, ecc.).
Ciò spiega anche perché certe piante, che non producono frutti in coltivazione (ad esempio. Saintpaulia e Streptocarpus), possono continuare a fiorire continuamente (ma non vale il contrario, cioè le piante a fioritura continua non sono necessariamente sterili).
Casi particolari sono quelli in cui il frutto impiega un anno per maturare, come ad esempio il corbezzolo (Arbutus unedo, foto a destra), in cui si assiste alla presenza di frutti maturi e di fiori contemporaneamente (per questo si può considerare tale specie rappresentativa dell’Italia e della sua bandiera, mostrando il verde delle foglie, il bianco dei fiori ed il rosso dei frutti).




Streptocarpus caulescens
,
talea in acqua
da pianta adulta


In diverse piante la radicazione delle talee può essere inibita dalla fioritura, ma non sempre.

In generale una corretta potatura può stimolare un’abbondante fioritura, inibendo l’eccessivo vigore vegetativo; ciò è di estremo interesse pratico nella frutticoltura e nella floricoltura (pensiamo alle rose).




Alternanza di fioritura/fruttificazione

Nelle piante da frutto, tra cui olivi, ma anche faggi, querce ecc., si possono verificare annate in cui vi è un’abbondante fruttificazione, alternate ad altre in cui la fruttificazione è ridotta: si parla di anni di scarica, contrapposti agli anni di carica.
Questo fenomeno può essere attenuato da concimazioni adeguate, potature e da alcuni interventi come l’incisione anulare dei rami potenzialmente fruttiferi.
La situazione nei fruttiferi riguardo alla fioritura/fruttificazione è abbastanza complessa: in qualche caso si è visto che la fioritura può essere abbondante, ma poi si ha un’estesa cascola dei fiori e dei frutti appena formati. In altri casi un’abbondante fruttificazione può inibire lo sviluppo vegetativo dei rami che dovrebbero fiorire l’anno successivo.

La forzatura della fioritura

La forzatura consiste nel sottoporre le piante a particolari condizioni o trattamenti, che determinano un anticipo (o posticipo) del loro sviluppo, consentendo così di ottenere primizie e di coltivare fiori, frutta ed ortaggi fuori stagione.
Nella floricoltura la forzatura è una pratica specialistica usata per far fiorire le piante (agendo su cicli termici e luminosi differenti secondo le specie e cultivar) esattamente in determinati periodi, come Natale, Pasqua o altre festività (San Valentino, Festa della Mamma, Commemorazione dei Defunti ecc.) in cui è importante avere grande disponibilità di fiori dedicati. Ad esempio, la Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima) viene messa al buio per simulare una notte lunga (è una brevidiurna). Anche in casa viene consigliato, per ottenere a Natale la produzione delle brattee colorate contornanti i minuscoli fiori, di mettere da settembre, dalle 17 alle 8 del mattino, la pianta in un ambiente buio, e di giorno in ambiente molto luminoso.
In un certo senso si può parlare di forzatura anche nella pratica del “pegging down”, cioè nel piegare i rami giovani verso il basso; essa viene effettuata talvolta nei fruttiferi e nelle rose, dove i rami vengono piegati e fissati in tale posizione legandoli ad un picchetto. Sembra che si ottenga in tal modo una maggiore disponibilità di ormoni florigeni, quindi un’abbondante fioritura.



“Pegging down” in Rosa ‘Madame Ernest Calvat’:

notare i pochi fiori sul ramo eretto

e i numerosi sul ramo piegato.

L’etilene: un fitormone dai molteplici effetti

L’etilene (o etene) è un ormone delle piante in forma gassosa, che ha varie funzioni, tra cui:
1) sintetizzato in risposta ad uno stress o trauma, attiva dei meccanismi di difesa e segnala questa condizione anche ad altre piante. Si è visto ad esempio che piante attaccate da parassiti o brucate, emettono etilene, il quale può allertare le piante più o meno vicine, facendole reagire in vari modi così da evitare tale danno;
2) stimola lo sviluppo di germogli, la senescenza dei fiori, la caduta delle foglie, la maturazione dei frutti. A questo proposito, diversi frutti, detti climaterici, producono, nella fase finale di maturazione, grandi quantità di etilene e, anche staccati dalla pianta, continuano a produrlo; ad esempio: mela, pera, prugna, pesca e albicocca (Rosacee); banana; kaki; avocado; fico; kiwi; mango; papaya; cocomero e melone (Cucurbitacee); pomodoro (Solanacee). Tali frutti possono essere raccolti immaturi e fatti maturare rapidamente “a comando” in presenza di etilene. Si spiega così perché per far maturare rapidamente i kiwi basta mettervi vicino delle mele mature, magari in un sacchetto (naturalmente i sapori non saranno gli stessi rispetto alla maturazione sulla pianta).
I frutti climaterici staccati dalla pianta maturerebbero comunque, sia pure con maggior lentezza, emettendo a loro volta notevoli quantità di etilene soprattutto nella fase finale di maturazione.
Un caso particolare sembra rappresentato dal frutto dell’avocado (Persea americana), il quale secondo alcuni avrebbe un’accelerazione della maturazione dopo il distacco dalla pianta.
Altri frutti, come lamponi, more, fragole e ciliegie (Rosacee); mirtilli; olive; uva; agrumi (pompelmi, limoni, lime, arance ecc.); ananas; melagrane; cetrioli e zucche (Cucurbitacee); peperoni e melanzane (Solanacee), sono detti aclimaterici e non maturano più, una volta staccati dalla pianta, cessando praticamente la produzione di etilene.
Il fatto curioso è che solo in alcune famiglie tutti i membri sono climaterici o aclimaterici.
Bisogna tener presente che certi fiori sono molto sensibili anche a tracce di etilene, che ne provoca la caduta: così diverse orchidee, ma anche fucsie, garofani ed altre specie. Si deve quindi evitare, nell’ambiente in cui essi sono posti (appartamento, negozio, cella frigorifera), che vengano in contatto con tale gas, prodotto da ogni forma di combustione (dalle stufe, dal traffico veicolare, dalle sigarette) o da eventuali frutti/fiori climaterici in fase di maturazione.

Il riposo come requisito per la fioritura

Diverse piante hanno bisogno di un periodo di stasi metabolica (di “riposo”), altrimenti non si verifica la fioritura.
È verosimile che tale periodo di riposo sia il risultato dell’adattamento delle piante al clima, in cui in certi periodi non c’è disponibilità di acqua. Nel nostro clima le piante possono non trovare acqua libera, o per mancanza di piogge in estati siccitose o per acqua non disponibile perché in fase solida (ghiaccio o neve) negli inverni “normali”; molte invece sono a riposo semplicemente a causa delle temperature al di sopra o al di sotto della soglia termica fisiologica per le singole specie.
Nella coltivazione di certe piante, tra cui le bulbose e le orchidee, si deve quindi tenere conto di un periodo di riposo.

Lo stress come stimolo alla fioritura

Alcuni vivaisti affermano – e agiscono di conseguenza – che le piante sottoposte a stress (idrico o altro) sono stimolate a fiorire. Secondo alcuni ricercatori, invece, è il cambiamento di qualche parametro ambientale che può indurre la fioritura.
In altre parole, stress controllati possono indurre la fioritura, ma c’è il rischio che la pianta, così stressata, non viva a lungo.
A volte si assiste ad un’abbondante fioritura in una pianta chiaramente compromessa, che poi muore; sembra che, la pianta prima di morire, faccia un ultimo “sforzo” riproduttivo.

Conclusioni

Si è visto che una pianta per fiorire deve:
• avere raggiunto la maturità fisiologica, ovvero una determinata età e biomassa;
• essere in buone condizioni (quindi deve essere sana e coltivata nel modo e posto giusto, a temperature adatte);
• spesso deve aver superato un periodo di riposo naturale e di fresco;
• avere a disposizione nutrienti in quantità adeguata, senza un eccesso di azoto, ma al contrario un’abbondanza di potassio (e quantità adeguate di fosforo e micronutrienti);
• soprattutto deve ricevere una luce dell’intensità necessaria e per un numero di ore sufficienti.
Inoltre:
• alcune piante devono essere sottoposte al loro giusto fotoperiodo;
• infine, diverse piante per fiorire o rifiorire non devono già portare frutti.
Qualche preoccupazione per le fioriture può sorgere in seguito a grandi cambiamenti climatici; una speranza oggi ci viene dai cosiddetti biostimolanti, molecole in grado di aumentare la resilienza verso i cambiamenti climatici, ma anche maggiore resistenza verso i vari tipi di stress, anche biologici.

Sintetizzando ulteriormente, per fiorire ogni pianta deve essere matura, sana e coltivata al meglio, rispettando le sue esigenze naturali e intervenendo – quando sia il caso – con potature, concimazioni corrette o altro; dobbiamo quindi conoscerla bene e prendercene cura e così sicuramente avremo un vero “pollice verde”.



FIORIRE PUÒ ESSERE COMPLICATO, MA NE VALE LA PENA!

 


Si ringraziano il Dott. Gianluca Burchi, Direttore del Centro di Ricerca Orticoltura e Florovivaismo del CREA di Pescia (PT)
e il Dott. Sergio Lucretti (già ricercatore dell’ENEA) per i suggerimenti e la revisione scientifica del testo.

Tutte le immagini sono tratte da Wikimedia Commons.



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A completamento dell'articolo di Ugo Laneri, è utile questa nota e le fotografie di Romeo Comunello, proprietario del magnifico giardino Rosa Mundi di Fiumicello (Udine), dato che la tecnica del pegging down permette di avere in giardino un elemento veramente fascinoso, ma la cui realizzazione non è proprio intuitiva.
Questa rosa di Romeo è l'ibrido perenne Ferdinand Pichard, rifiorente. E Romeo aggiunge che altre rose adatte sono: le centifolie, gli ibridi perenni e delle moderne si potrebbero anche utilizzare alcune di David Austin. In genere quelle che hanno rami lunghi e flessibili. Ovviamente utilizzando questo metodo bisogna praticare una potatura per gestire nel miglior modo la piegatura dei rami. In un paio di foto si vede bene la speronatura.