GIARDINARE.IT - CAPITOLO 7
Pensavo fosse una zucca...
di Mariangela Barbiero

 

Avevo il giardino, ma non era ancora il ‘mio’ giardino. Per prima cosa progettai gli spazi. C’era il famoso giardino ‘persiano’, poco altro e tanta ghiaia. E’ stata una fortuna, perché di prati non avevo alcuna esperienza e un mio caro amico giardiniere mi disse in seguito che il prato è la cosa più difficile da fare e da mantenere, anche economicamente. Così decisi di tenermi la ghiaia e di guadagnare terreno ovunque possibile. La ghiaia si dimostrò perfetta per mettere in risalto il verde, oltre a essere il substrato d’elezione per crescere piante dal seme. Mi arrivano semi da piante mie o dei miei vicini o anche dei miei lontani... Essi vi attecchiscono mirabilmente, un piacere ininterrotto negli anni. Un mese fa ho scoperto due foglioline di acero, o almeno io tifo perché sia Acer palmatum ‘Osakazuki’. Qualche anno fa mi crebbe sulla ghiaia una roba con foglie grandissime e vellutate. Pensavo fosse una zucca o qualcosa del genere, per cui la lasciai crescere per un paio d’anni aspettando che mi desse qualche informazione. Un giorno capitò da me un amico paesaggista, Daniele Altieri, che lavora in Inghilterra. Ricordo che lo feci ridere molto quando gli dissi che un paesaggista italiano nel Kent è paragonabile a un gondoliere inglese a Venezia! Passeggiando per il giardino vide la pianta ‘monstre’ e esclamò stupito: “ma cosa, stai tirando su una paulonia?” Avevo voglia di aspettare la zucca! Bene, quest’anno mi sta crescendo un’altra paulonia (Paulownia tomentosa); per il momento ha solo quattro foglie e resterà dov’è fino a che non disturberà, ma poi dovrà andarsene.

Tornando agli aceri, ne conosco bene le plantule perché confino a nord con due giardini pieni di alberi, tra cui carpini (Ostrya carpinifolia), roverelle (Quercus pubescens), con una paulonia, ça va sans dire, e aceri campestri che si disseminano a biondodio. Il nuovo arrivato è diversissimo: le due foglioline alte e strette e molto frastagliate sono d’un giallo rossastro. Si trova quasi ai piedi dell’Osakazuki, per questo motivo ci conto… però è da un mese che sono là, immutate, invero un po’ più verdi, ho notato stamattina. Bon, vedremo come va a finire e ve lo racconterò. Prima, al posto dell’Osakazuki, c’era l’Acer palmatum ‘Bloodgood’. E prima ancora altri aceri giapponesi, ma il colore delle loro foglie non manteneva mai le promesse. Cercavo un alberetto con foglie porpora almeno in primavera e trovai che il Bloodgood facesse al caso, poiché mantiene il colore invariato fino all’autunno. Lo acquistai in primavera e me lo gustai per tutta la buona stagione. Il porpora s’intonava meravigliosamente con il rosa delle ortensie che avevo ereditato dal precedente proprietario, la comune Hydrangea macrophylla. Comune solo perché è diffusa, non certo perché non sia bellissima. Ho una collezione di hydrangee (28 tra specie e cultivar), ma praticamente di quella comune ne ho una bella infilata, che occupano posto nel mio piccolo giardino, ma se lo meritano. Tornando al Bloodgood, ne ero soddisfattissima. Il mio alberello aveva passato bene l’inverno e all’arrivo della primavera andavo a bearmici gli occhi, ma una mattina uscendo di casa vidi uno spettacolo oltraggioso, un pugno nello stomaco: una nuvola viola scuro contro lo sfondo giallo polenta della kerria! Non avevo messo in conto la Kerria japonica ‘Flore Pleno’. Un disastro, non la kerria, certo. So che la maggior parte dei miei colleghi giardinieri la detestano, ma è solo perché non la mettono al posto giusto. Da me è quasi un muro lungo tre-quattro metri per tre di altezza, che non solo è uno spettacolone (molto amato anche dal mio difficile consorte), in più occulta la vista del camper di un mio vicino, dato che mantiene il suo bel verde anche in inverno. Basta saperla accostare e iI bianco è perfetto ma lo è anche il porpora brillante della Liriope muscari ‘Ingwersen’: la kerria, per lo meno la mia che è grandiosa, ha sempre qualche fiore anche dopo l’esplosione primaverile, e in autunno si dà un po’ più da fare e bisogna tenerne conto. Ma il porpora vinaccia no, non ci sta proprio. Per cui regalai il Bloodgood a un’amica, che lo piantò vicino al glicine con un effetto entusiasmante. Io ci riprovai ancora con un altro acero, l’Osakazuki. Ce l’ho ormai da tredici anni è sta benissimo non solo con le ortensie ma pure con la kerria e questo è quasi incredibile, perché per buona parte della bella stagione, prima i fiori e poi le samare sono rosso ciliegia e s’intonano straordinariamente con il giallo della kerria. Sulla carta non ci avrei mai creduto. A parte l’accostamento riuscito, è un albero bellissimo di per sé, che consiglio a tutti.

Per tornare alla progettazione degli spazi, la prima decisione fu di eliminare l’accesso che dal cancello portava alla porta di casa attraverso una spianata di ghiaia: ricavai un sentiero tra il muretto di cinta che dà sulla strada e l’aiola esistente, creando un detour. In questo modo raggiunsi due obiettivi: riservatezza, perché non si vede la porta dell’abitazione, e sorpresa per il visitatore, al quale il giardino appare e dispare attraverso la vegetazione dell’aiola prima di comparirmi davanti. E’ un sentiero stretto (120 cm) perché dovetti tener conto di un susino e di due ciliegi esistenti, ma sufficiente, diciamo così. Vicino al cancello, nel terreno che avevo guadagnato eliminando l’entrata convenzionale, optai per una tuja, che ha la larghezza giusta per chiudere la vista e che inoltre metteva a frutto il concetto di prendere in prestito la natura per ottenere l’impressione che il giardino finisca oltre la tuja del mio vicino (non ricordo se lo sapevo o se è stato un caso, comunque un bel colpo!). L’aiola preesistente percorre oggi senza soluzione di continuità tutto il perimetro del giardino fino al garage, sul lato sinistro della casa. La kerria sta appunto tra la tuja e un altro vecchio susino. Ed è forse perché il suo giallo viene smorzato dal verde scuro dei due alberi che sta tanto bene.

A piedi della tuja c’è una Hydrangea arborescens ‘Annabelle’. E’ molto bella e del colore giusto, che si può potare in primavera quanto si vuole giacché fiorisce sui rami nuovi e le sue infiorescenze secche sono perfette e durano anche più di un anno, facilissime da ottenere. Da me non ha mai fiorito due volte, ma da una mia amica che la pota subito dopo la prima fioritura, ne fa un’altra bellissima e copiosa in autunno. Io però preferisco godermela così, invece di tenere il cespuglio potato, e dunque meno armonioso, per un mese e più. Ha un solo difetto: è inarrestabile. E’ ben vero che più piccoli sono i giardini, più grandi devono essere i volumi delle piante: un piccolo giardino con piccole piante sembrerebbe un vivaio, però le piante per converso devono avere foglie piccole. Per esempio fino a che non è uscita l’Hydrangea quercifolia ‘Pee Wee’, non ho potuto pensare di avere una quercifolia, non tanto per l’altezza dell’arbusto, che si può contenere, quanto per le enormi foglie.

Ho una bella collezione di hydrangee perché negli anni il giardino è diventato ombroso. All’inizio avevo una discreta collezione di rose, che erano e rimangono il mio fiore preferito. Se non ricordo male erano 32 o 35. Poi sono diminuite drasticamente a mano a mano che gli alberi vecchi e nuovi crescendo facevano ombra. Ora invece hanno ripreso l’abbrivio grazie al nuovo giardino sul lato est della casa.

Ma questa è un’altra storia.