GIARDINARE.IT - CAPITOLO 6
La scoperta dell'acqua calda
di Mariangela Barbiero

 

La primavera è senza dubbio la più bella stagione per i giardinieri, ma non la più saggia. Facile dirlo oggi, col mio senno di poi.

Capita a tutti in primavera di avere il sangue sottosopra, anche a quello verde dei giardinieri. Ci si precipita in vivaio, o meglio nei vivai. A Trieste, decenni fa, gli automobilisti avevano un buono benzina parecchio consistente, per evitare che andassimo a fare il pieno in Jugoslavia, dove i prezzi erano di molto inferiori. Io riuscivo a consumare a giugno tutto il mio pacchetto, e quasi la metà di quello di mio marito, giacché mi facevo il giro di tutta la regione e compravo e compravo. Poi in estate guardavo il mio nuovo regno con angoscia: tutto inesorabilmente verde, a parte l’angolo dei pelargoni. Ho sempre amato i gerani, sia in terrazza che in giardino. All’inizio li avevo collocati sotto il mio famoso, ma ancora piccolo, alloro e stavano da dio, in pieno sole. Parlo dei pelargoni ‘Ville de Paris’, i parigini insomma. In un’agraria, vicino a dove abitavo in città, la proprietaria mi aveva consigliato di alternare un geranio rosso con uno rosa, e l’effetto era veramente incantevole. Li avevo collocati in sei portavasi di ferro appesi a una ringhiera, due piante per ognuno, e nonostante fossero a favore di bora, non ne venivano disturbati perché il vento soffiava lateralmente (est-nord-est) e così i due primi facevano da scudo agli altri in infilata. La mia terrazza era all’ottavo piano, riparata esclusivamente da un muro a nord per tutta la sua lunghezza e aperta sugli altri tre lati. Erano bellissimi così ricadenti, come si vedono in Alto Adige.

Ma a Opicina non avevo ringhiere, per cui li piantai per terra. L’effetto era ugualmente bello, e lo consiglio a tutti quelli che possono copiarlo, ma era assai malvisto dal coniuge perché, non potendo ricadere, i gerani strisciavano per quasi un metro e finivano nel viale dove passano le macchine, quella di mio marito, soprattutto ( io stavo molto attenta a evitarli): quando lo sentivo arrivare e fare manovra per entrare, mi precipitavo al cancello urlando a squarciagola e con le mani li raccoglievo su in un premuroso abbraccio. Penso che li odiasse! A lato dei gerani avevo messo una salvia, S. officinalis ‘Purpurascens’, un accostamento indovinatissimo. All’epoca avevo molto sole sulla piccola bordura addossata a un muro a sud, ma poi a poco a poco il sole sparì, a causa di due betulle, un tasso, un pittosporo e un eleagno a far compagnia a un ciliegio già esistente, la siepe ‘mista’ raccomandata dal manuale del perfetto giardiniere. L’unico errore furono le due betulle, comprate sempre per far piacere al mio sposo che quando pensava agli alberi pensava alle betulle, che lui chiamava ‘le ballerine’. Le mie prime piante erano state quelle classiche dei ricordi scolastici, alloro, mirto, acanto, bosso, cipresso, penso che invece per mio marito fossero reminiscenze di letteratura russa, almeno questa è l’idea che mi sono fatta, dato che non avevo mai visto prima betulle. Bene, le ballerine sono diventate in brevissimo tempo due ippopotami (presente ‘Fantasia’ di Disney?). E’ stato un grossissimo errore. Ogni secondo anno le devo abbassare di oltre 4 metri, per contenerne le radici che altrimenti mi dissesterebbero casa, muri, condutture, ecc. Sono infatti diventati due alberoni, con tronchi di 100 cm di circonferenza. Ma poteva anche essere altrimenti: da vent’anni, ogni volta che passo davanti a un giardino nella mia stessa via e vedo betulle i cui tronchi sono sempre esili, ballerine, appunto, mi viene il coccolone. Ora so che avrei dovuto acquistare una betulla allevata a ceppaia a tre fusti ma, ahimè, quella parte del manuale non l’avevo ancora letta.

Comunque sia, c’è qualcosa nella testa dei neogiardinieri che ci accomuna: cominciamo tutti con le acidofile! E’ vero che ce ne sono di bellissime, ma ce ne sono di altrettanto belle anche tra quelle che non fanno tante storie per il pH. Tra queste la mia preferita è Daphne odora ‘Aureomarginata’, sempreverde, copiosa fioritura rosa in inverno, profumatissima. Ha sì qualche fisima, detesta di essere messa a dimora troppo presto dopo l’acquisto. Ne ho visto morire due da me, così ho imparato a tenere la pianta in vaso per tre anni, finché non fa un buon pane radicale, dopo di che nema problema, come dicono in Giappone e la dafne è in grado di affrontare anche la competizione delle radici di un albero, meglio ancora, è proprio accanto a un albero che vi consiglio di metterla: ha un’incontenibile avversione per l’acqua, non le importa di sole o ombra, basta che abbia vicino uno che beve à gogo e lei starà una meraviglia!

Per tornare alle acidofile nel mio giardino carsolino, non essendo così citrulla (almeno credevo), mi era parsa cosa astuta preparare una grande aiola solo per loro. Ho cambiato la terra per 50 cm di profondità e l’ho mescolata a centinaia di litri di torba e mi sono data alla pazza gioia piantando rododendri, azalee, skimmie, leucothoe, kalmie, hamamelis, pieris, eriche, ortensie, cornus, magnolie, camelie e altre di cui non ricordo il nome, perché sono entrate nel triste elenco da dimenticare delle mie casualties, come si dice di chi è nel posto sbagliato al momento sbagliato (l’inglese è il paradiso dell’eufemismo), poiché dopo tre anni il terreno era tornato più o meno come prima, e solo vicino all’abete (sempre lui) il terreno è almeno superficialmente più acido grazie ai suoi aghi, e infatti quello che mi è rimasto da allora non è molto ma mi è molto caro, un Rhododendron ‘Cunningham’s White’, proprio ai suoi piedi e una Skimmia ‘Rubella’ poco più in là. Per qualche annetto ce l’ha fatta anche un hamamelis. Due anni fa ne ho comprato un altro, perché seppur non possa vivere a lungo in Carso, ne vale la pena, visto che è bellissimo anche da piccolino: badate però, quando lo comprate, che sui rami ci siano solo i fiori, senza neanche l’ombra di una foglia. Il mio primo hamamelis aveva questo difetto e non è proprio una sinecura eliminare a una a una le pendule e orrende foglie marron. Fiorisce a febbraio ed è profumatissimo.

Per questo dovete visitare i vivai anche d’inverno. Le piante che non conoscete più che bene vanno acquistate in fioritura per essere sicuri, se non altro, del colore.

La mala esperienza mi ha portato a cercare piante meno esigenti in fatto di pH e ne ho trovate tantissime. E comunque ho imparato un paio di cosette, first (non è una parolaccia) non tutte le acidofile sono egualmente rognose: ci sono piante, come le ortensie, a cui basta aggiungere ferro chelato al terreno affinché le foglie, prima afflitte da clorosi, ferrica appunto, tornino di un bel verde. La presenza di calcare impedisce alle acidofile di assorbire il ferro se non in forma chelata, che di per sé non fa cambiare il colore delle ortensie, ma solo lo intensifica, quelle rosa saranno di un rosa più intenso e quelle azzurre più azzurre, le bianche invece restano bianche. Il colore azzurro o rosa è dovuto all’acidità del terreno, e questo risultato è molto difficile da ottenere stabilmente, in piena terra, come ho provato a mie spese. In vaso è tutt’altra cosa. Si usa terriccio per acidofile e voilà, les jeux sont faits! E se volete invece ortensie azzurre in piena terra, il trucco è ancora più semplice: interrate il vaso. Io ho diverse ortensie interrate, non perché le ami azzurre, anzi le preferisco rosa o bianche o rosse, per cui uso buona terra da giardino, a pH neutro per quanto posso. Le interro solo perché ai piedi delle betulle non vivono se non in vaso, dato che, a differenza di Daphne odorata, amano molto l’acqua e con i mie due enormi ippopotami non ci sarebbe storia per loro.


Ma io di storie ne ho ancora tante! Alla prossima.