GIARDINARE.IT - CAPITOLO 2
Una vera macchina per una vera giardiniera
di Mariangela Barbiero

 

Avevo iniziato la Grande Avventura per caso. Volevo una cucina senza cacche, per dirla tutta. Poi m’innamorai della gatta e per restare il più a lungo possibile con lei rinunciai al solario e cercai di trasformare la terrazza in un luogo ameno per i miei fine settimana. Secondo il mio consorte, essere marito di una solarista è una professione: non si deve discutere mai sul tempo né sulle di lei capacità predittive al riguardo, accontentarsi di brodo di becco (una simpatica espressione triestina per ‘brodo di dadi’), e saper approfittare di godere assieme i sabati e le domeniche senza sole. Che cos’è il solario? Forse un’istituzione esclusivamente triestina, visto che non ne ho trovato traccia in alcun dizionario né in rete: è uno spazio per l’abbronzatura integrale riservato solo alle signore. Fu inaugurato presso il Bagno Ausonia nel 1934.

Rinunciai dunque all’abbronzatura integrale e comincia a occuparmi di piante. Non ne sapevo niente, tanto che, sposata da poco, decidendo di avere fiori nel terrazzo del salotto, piantai dei semi (non sapevo neanche che si potessero comperare pianticelle già pronte). Alla mattina andavo a grattare la terra con il dito per vedere se fosse spuntato qualcosa. Correva l’anno 1967… La mia fu una conquista molto lenta. Mi occorsero circa dieci anni per cominciare a capirci qualcosa, da totale autodidatta. Mi rifiutavo infatti di leggere riviste del settore, convinta che fossero solo per sempliciotti. Stupido come tutti i pregiudizi, ça va de soi. Nel 1988 ricevetti in regalo da un’amica il numero di giugno di Gardenia, dove in copertina stava scritto “Come far fiorire il vostro gelsomino”, visto che da diversi anni avevo uno Jasminum che non fioriva, eppure mi fiorivano passiflora e plumbago. Da allora sono diventata bulimica di libri ‘verdi’, che non so più dove e come sistemare, anche perché il mercato oggi offre moltissimo. All’epoca, invece, l’unica bella rivista era Gardenia, di cui rileggevo ogni anno, e per anni, le vecchie copie, visto che le piante non cambiano abitudini, e né sono diversi i lavori di stagione. Mi procurai anche i pochi libri italiani in circolazione, ma essendo traduttrice di professione potei accostarmi a libri e riviste in altre lingue. Mi abbonai a “L’Ami du jardin et de la maison” e m’iscrissi alla Royal Horticultural Society, ricevendo così The Garden.

Imparai a far fiorire il gelsomino? No, perché l’anno seguente acquistammo una casetta unifamiliare a Opicina, sul Carso triestino, dove la temperatura in inverno va sottozero e l’unico gelsomino che viene, e anche molto bene, è il Trachelospermum jasminoides (detto anche ‘rincospermo’ o falso gelsomino).

Comunque l’esiguità del materiale a disposizione fu un fattore positivo. Quando hai poco, tratti quello che hai con più cura e meno superficialità, ma come sempre ci vuole anche fortuna.

Lessi tre volte “Il grande libro delle piante e dei fiori”, di Selezione. La prima volta me lo prestò un collega, la seconda un’amica, la terza, edizione dell’89, me la comprai e per molti anni fu il mio libro di consultazione sia per la coltivazione delle piante che per il riconoscimento delle loro malattie e dei loro nemici. In seguito scoprii che il mio primo grande maestro di giardinaggio, Z. Valentino Filipin, lo considerava una bibbia. E la fortuna dunque non mi mancò. E fu sempre lui che mi iniziò alla storia del giardino, ma questa è appunto un’altra storia.

Lo incontrai per caso a 53 anni. A 48 anni ero stata messa in mobilità dalla mia azienda, che assunse altre tre traduttrici al posto mio: furono contenti tutti, i sindacati che contarono tre nuove assunti e la direzione che si toglieva dai piedi l’unica comunista tra gli impiegati, la zoccola dura, come mi chiamavano. E poiché era un’azienda statale, contribuii al debito pubblico.

Mi occorsero cinque anni per elaborare il lutto della perdita del lavoro. Cinque anni che trascorsi chiusa nel mio giardino carsico, a piantare, zappare, concimare, sempre in tenuta appropriata: come diceva il consorte al mio vecchio amico sarto, avevo cambiato stilista. Una mia vicina diceva che non avevo l’aria di moglie di primario (lo presi come un complimento). Ne uscii, letteralmente e figuratamente, quando seppi che una mia amica andava a una lezione di giardinaggio all’Università della Terza Età. Perché non me ne aveva parlato? Pensava fosse troppo elementare o banale per me. Le risposi che io sono come ‘quelli che il calcio’, per parafrasare una fortunata trasmissione. Mio marito era un patito del pallone e se non ero al solario, la domenica ascoltavo con lui tutto il calcio minuto per minuto. Anche essere moglie di un calciofilo è una professione!

Furono lezioni memorabili con un maestro come Valentino! Ma seguii anche molti altri interessanti corsi sulla fisica, la matematica, la meteorolgia, ecc. ecc. Fui così grata all’Università della Terza Età che ancora oggi, nonostante gl’impegni e le diminuite forze, tengo corsi di giardinaggio nelle varie sezioni dell’UTE triestina: la gratitudine è un sentimento di gioia, ti ricorda che hai significato qualcosa per qualcuno, che la solidarietà è il nerbo di una società civile. Insomma andai al corso di Z. Valentino Filipin per sentir ‘parlare’ di piante, come si parla al bar, e invece incontrai un grande giardiniere. Mi ricordo che gli scrissi una lettera infuocata, l’appellai ‘Mastro Valentino’! Credo che si sia preso un bello spavento. Non me lo ha mai confessato veramente, ma di certo mi deve aver collocato tra quelle attempate signore che prendono sbandate per i giovanotti. Comunque sia ripresi a truccarmi ma non tornai più dal sarto perché tutti i soldi che prima spendevo per i vestiti li usavo ormai per comprar piante.

Un giorno ero in un vivaio e un signore mi chiese se ero anch’io una fiorista, data la quantità di piante che avevo preso. A dire il vero anche se facevo molti acquisti, il giardino sembrava sempre vuoto, perché le piante erano tutte cucciole. Oggi, trent’anni dopo, quando compro una pianta ne devo eliminare tre per farle posto. Ma continuo imperterrita, anzi, due anni fa ho comprato un diesel 1600 con un enorme bagagliaio, una vera macchina per una vera giardiniera. Ma quel che non sapete ancora è quanto sia grande il mio giardino! Alla prossima.