GIARDINI PRIVATI OGGI
di Pietro Porcinai

Questo testo (tratto da 'I giardini del XX secolo: l'opera di Pietro Porcinai) è stato rintracciato nell'Archivio Porcinai da Anna Porcinai, senza indicazioni relative all'epoca e all'occasione della sua elaborazione. Si può ritenere composto verso gli anni sessanta.

Si può dire che il giardino, pubblico o privato, è ancor oggi l'anello di congiunzione fra l'uomo eGiardino privato, Siena, anni Trenta la natura: stato intermedio, cioè, fra l'aspetto naturale, spontaneo del mondo terrestre e la "creazione" umana. La natura (o parti, elementi di essa) "addomesticata", in altri termini.
Ancora più del giardino pubblico, peraltro, è ricco di delizie quello privato, e tanto più intimo del primo, in quanto al godimento visivo o fisico del giardino in sé, si aggiunge il piacere "creativo":quello cioè, da parte dell'uomo singolo, di poterlo comporre a proprio uso e piacimento, secondo il proprio talento e le proprie esigenze; di collocarvi le piante e di farle crescere, di inserirvi spazio, colore, forme sulla misura del proprio gusto; di farne, in altri termini, un mondo personale del quale vivere, isolarsi, astrarsi, godere di se stessi.
L'hortus conclusus, insomma, da aprire a chi, e come, e quando meglio ci creda.
Uscendo da una visione così ristretta ed esclusiva si può aggiungere che nella nostra epoca angustiata il giardino privato può divenire mezzo efficace per vincere e colmare quel senso diffuso e potente di scontentezza proprio della vita dei nostri tempi, specie qual è nei paesi a civiltà industriale e che bene può identificarsi con un termine attuale (anche se ripreso da Carlo Marx): l'alienazione. La quale alienazione altro non è - secondo il filosofo Marx - se non "la sensazione, conscia o inconscia, che fa l'uomo estraneo alla propria natura fino al punto di non riconoscersi o di aver vergogna di se stesso". Quando l'uomo, in altre parole, è condotto ad attività estranee o contrastanti con la propria natura.
Diversamente dall'attuale civiltà meccanica, la civiltà per così dire "artigiana" non dava luogo a siffatti complessi allorché l'uomo estrinsecava le proprie inclinazioni o capacità attraverso un lavoro congeniale alla propria personalità o era chiamato direttamente a partecipare alla creazione delle grandi opere volute dai "committenti" di allora (re, principi, papi, grandi casate, ecc.).
Nell'ambito della cosiddetta civiltà industriale, viceversa, l'operaio è frequentemente costretto a forzare la propria personalità, lasciando del tutto "disimpegnata" la naturale capacità creativa e rimanendo pertanto "alienato", perché indotto in un lavoro a lui estraneo. Di qui tedio, scontentezza, aspirazione a forme di vita non identificate né conosciute. E se è ravvisabile la "alienazione" là dove l'uomo sia condotto ad attività lontane dai propri motivi di esistenza (e spesso i più intimi ed essenziali), ben si comprende quanto frequentemente oggi ciò avvenga; e in questo alienarsi è da ricercare la fonte di tanti aspetti negativi della nostra civiltà. Se all'uomo è vietata la partecipazione diretta a forme di creazione; se la stessa casa che egli abita, o che si fa costruire, è pensata e fatta da altri, è giustificato il disamore per ogni cosa "non sua" che lo circondi: per l'ambiente, per la casa, per la città. Da questa mancanza d'interesse (e l'interesse personale è, in ogni caso, una formidabile spinta) nascono le abitudini volgari, il cattivo gusto oggi prorompente, le brutte case, le brutte città. Non dico tutto ciò per conformismo; già nel lontano '42 nel corso di una lettura all'Accademia del Georgofìli a Firenze, parlando delle case popolari che allora si costruivano, dicevo una cosa che mi sembra tuttora valida: "Ma pochi si sono accorti che di queste poche case il popolo non è intimamente soddisfatto perché, pur trovandosi condizioni igieniche migliori, si allontana dalla terra che rappresentava per lui distrazione, benessere e vantaggi alimentari e Villa Martellodiventa materialista perché viene a conoscenza di nuovi bisogni di vita che sono connessi alla nuova sistemazione logistica. I piccoli orti annessi alle casupole abbattute avevano il vantaggio di assorbire le cure e il tempo libero sia degli uomini che delle donne e, nei periodi di crisi alimentare, riuscivano a risolvere talvolta anche il problema di qualche pasto giornaliero; nella nuova situazione, senza la terra, le donne dedicano le loro attività ad occupazioni meno serie e tendono verso una falsa vita che si allontana da quella più morale che conducevano prima; mentre gli uomini, non più richiamati dalle necessità del loro terreno, vivono fuori di casa o tendono a dimenticare anch'essi le loro sane costumanze familiari".
Come, dunque, e dove cercare un rimedio? Dando all'uomo il piacere, il gusto di manifestare le facoltà creative insite, più o meno, nella stragrande maggioranza degli individui.
Si può ovviare a questo bisogno istintivo di creazione, a questo innato desiderio di manifestazione attraverso una attività "personale" qualsiasi, per modesta che sia, dando all'uomo la facoltà di farsi un giardino "tutto suo" e di lavorarci dentro a suo piacere? Credo fermamente di sì: credo, almeno, che questo sia uno dei mezzi migliori, fra quelli che ancora rimangono a disposizione dell'umanità dei giorni nostri.
Ma non è, ovviamente, quello individuale - vorrei dire psicologico - l'unico aspetto del giardino privato che conti: c'è anche un aspetto collettivo ben chiaro agli abitanti delle città: un aspetto che, per essere perfettamente "in chiave" col linguaggio d'oggi, chiamerò "sociale".
Portofino, giardino privatoIn talune collettività religiose (certosini, trappisti), pur nella regola severa dell'Ordine, è lasciata all'individuo la facoltà di migliorare la cella, di coltivare l'orticello, il giardino particolare in analogia quasi, con la preghiera individuale; ma, come esiste anche la preghiera collettiva, così è prescritto il lavoro collettivo nella fattoria del convento.
Abbiamo visto come per l'individuo esista la possibilità di "manifestarsi" personalmente nell'ambito del giardino privato: analogamente, alla personalità "collettività" dell'uomo moderno corrisponde il lavoro organizzato, di "équipe". E sotto tale specie vediamo anche la funzione del giardino privato: funzione che, in primo luogo, appare importantissima nei riguardi dell'aspetto estetico della città, e tale da interessare urbanisti, sociologi, artisti. Un portone si apre dalla pubblica strada su un giardino: per incanto la strada sembra allargarsi, diviene acquietante, come lo spalancarsi di una finestra in una stanza buia. Piccoli giardini circondano le case: si ha la subitanea illusione di essere trasportati in campagna; dalle terrazze - minuscoli giardini pensili delle nostre città - si sporgono fronde verdi, fiori colorati: l'effetto ne è sempre piacevole, distensivo. La moderna urbanistica (meglio, quella chePortofino, giardino privato chiamo inurbanità dell'urbanistica") dovrebbe essere grandemente interessata al giardino privato, elemento d'enorme importanza nella città, per cui le associazioni, gli enti, ed i più accorti fra i privati cittadini dovrebbero lottare strenuamente per salvare questo superstite tratto di autentica civiltà che è il giardino privato. Si veda il deprimente effetto di certe strade di Firenze, un tempo stupendamente allietate da alterne teorie di verdi giardini, ed ora ridotte a monotone, asfissianti facciate di volgarissime case.
Si ricordino (è un esempio fra mille) il sorridente aspetto, deliziosamente verde, di Riccione di Rapallo, prima che le più rozze e offensive assurdità edilizie venissero a rompere l'armonico, tonificante ambiente offerto dalla moltitudine dei parchi e giardini privati! E se è provato che un edifìcio, di qualsiasi forma e altezza, ben contribuisce alla "urbanità" di un ambiente cittadino ove sia munito di un adeguato "impianto" di verde, possiamo di conseguenza proclamare che i committenti di giardini privati devono a buon diritto essere considerati benemeriti della collettività.
Se ne ricordino, pertanto, i politici e gli amministratori: le imposte sui giardini sono, oltre che negative, ingiuste; e perché il giardino privato non è ricchezza destinata a generare altra ricchezza, e perché, soprattutto, esso è da considerare piuttosto come un bene singolo producente benefìci per l'intera collettività.
Vorrei sinceramente che la stampa, quotidiana e no, dedicasse maggiore spazio ai problemi del giardino, che andrebbe trattato alla stregua delle altre arti figurative, per essere espressione non secondaria dell'architettura; non solo, ma che lo si considerasse anche per quei valori qui brevemente accennati, e precisamente per la sua grande importanza, oltre che estetica, psicologica e sociale. Vorrei anche che i medici, gli igienisti, i biologi suggerissero essi stessi con insistenza agli organi d'informazione i motivi per cui il giardino s'impone con ampi titoli all'attenzione di chi ha - o dovrebbe avere - a cuore la salute pubblica; che ripetessero fino alla noia (meglio, fino alla convinzione piena) come le piante siano il necessario completamento, in certo senso, dell'uomo: semplicemente perché, mentre l'uomo, respirando e lavorando, consuma ossigeno e produce molta anidride carbonica, le piante per converso, producono l'ossigeno indispensabile alla vita dell'uomo e assorbono ciò che egli produce ed è per lui veleno: l'anidride carbonica.

Stabilimento Olivetti a PozzuoliConsideriamo un'altra tra le innumerevoli eccezioni del giardino: il giardino di fabbrica, Giardino privato anche questo? - Certamente. Voglio dire che le officine, gli impianti industriali sempre più presenti in ogni nazione, costituiscono un miglioramento estetico dell'ambiente. No, non e proprio possibile. Vediamo anzi come regioni bellissime e zone di per sé incantevoli siano state e siano in continuazione deturpate, irrimediabilmente sciupate dalla presenza di impianti industriali di diversa ampiezza: capannoni, ciminiere, tralicci insidiano un po' dappertutto quelle che furono splendide zone e meravigliosi paesaggi. Vogliamo un esempio: si pensi alla massiccia e rapida, quasi frenetica, industrializzazione di quella che fu la stupenda pineta di Ravenna, di quelle che furono le poeticissime rive del canale Corsini. Nelle "aree depresse" (e, perché tali, finora pressoché intatte e il più delle volte bellissime) si insediano oggi, grazie ai particolari aiuti economico-statali, imponenti stabilimenti, che addirittura modificano - e sempre negativamenre - il paesaggio. Né il danno estetico è il solo; ché spesso a quello s'accompagna il danno per la salute dell'uomo, degli animali e delle piante, a causa dei rifiuti, gassosi e liquidi, sgradevoli e sempre nocivi. Potrebbe il "Verde" pensato con gli stabilimenti e opportunatamente disposto attorno e negli stabilimenti, ovviare in tutto o in parte tali inconvenienti? Certamente sì. Dovunque e sempre il "Verde" (che anche in questo caso insisto a voler considerare come giardino privato, proprio perche del giardino privato ha le funzioni, anche se non sempre le caratteristiche) reca miglioramento, protegge, occulta, attenua, ingentilisce, riuscendo il più delle volte ad armonizzare elementi fra di loro contrastanti e stridenti. Ampie zone o cortine di "Verde" attorno alle fabbriche o fra mezzoStabilimento Olivetti a Pozzuoli agli stabilimenti, recherebbero immenso giovamento agli uomini che in quelli lavorano e salverebbe - giungerebbe magari a migliorarlo! - il paesaggio attorno. Ma quanti sono finora in Italia, gli esempi del genere? Si possono, ahimè, contare sulle dita. Bisognerebbe che i grandi industriali, gli amministratori delle grosse società, i finanziatori, dedicassero a questo problema squisitamente umano del "Verde" legato alle fabbriche, una piccola percentuale delle spese destinate agli ambienti di rappresentanza, alle sale di presidenza e agli uffici. Ne trarrebbero immensi vantaggi di serenità e di decoro, con aumento della potenzialità (quindi, del rendimento) propria e dei propri collaboratori e dipendenti: per non dire del maggior prestigio che da una così sapiente sistemazione, deriverebbe ad essi e alle loro aziende. La figura del "committente" (di colui, cioè, che pensa alla creazione di un'opera affidando ad altri la realizzazione e dando, peraltro, al realizzatore le migliori condizioni per l'attuazione dell'opera medesima) ha avuto un'importanza grandissima nella storia dell'umanità e delle arti in particolare, giungendo talvolta il nome del committente ad uguagliare, se non addirittura a superare, nella memoria dei posteri, il nome dell'autore.
Quanti monumenti del passato non ci sono giunti tramandando solo il nome del committente e non quello del loro e dei loro autori? Fatte le debite proporzioni, anche nel nostro caso i capi d'industria possono divenire essi stessi i "committenti" e legare meritatamente il proprio nome ad opere degne d'essere tramandate.
Voglio dire anche dell'importanza che il giardino privato potrebbe avere nel campo dell'istruzione col favorire un diuturno accostamento dei fanciulli e dei giovani alle forze vere e ai piccoli e grandi misteri della natura, in un paese dove l'insegnamento delle scienze naturali, quando addirittura non manchi, è puramente teorico e spesso frettoloso, senza mai un accostamento diretto alla natura stessa. E forse che - non lo dico per celia - l'osservazione diretta della vita delle piante, della loro vita associata, regolata da leggi perfette e meravigliose, non potrebbe divenire occasione di salutari meditazioni anche per i politici e per gli amministratori? (Ma quale politico, ahimè avrà mai il tempo e la voglia, da noi, di osservare la vita delle piante).
Una volta così stabilite alcune delle precipue funzioni del giardino privato in ben precisi settori (come rimedio all'alienazione, come fonte di godimento estetico, come elemento di salvaguardia, come garanzia di vita più salubre, ecc.), consideriamolo infine per quello che più veramente e più d'ogni altra cosa esso è: quale espressione di bellezza, cioè, quale schietta manifestazione d'arte. Come ogni fatto artistico che si rispetti, anche il giardino dunque deve avere uno stile e rispecchiare, pertanto, le tendenze, il gusto, gli atteggiamenti e la personalità di chi lo concepisce e lo crea. La storia del giardino, com'è noto, ha sempre seguito le alterne vicissitudini della storia degli uomini: dai giardini pensili di Babilonia a quelli di Plinio, dagli "orti" imperiali ai giardini del Rinascimento, ai parchi reali e nobiliari, ai modesti giardinetti borghesi del primo Novecento, alla "terrazza" sul tetto del grattacielo. Ovviamente il giardino moderno, frutto ed espressione del nostro secolo, non potrà in alcun modo desumere dalle forme degli antichi giardini, anche là dove questi toccarono l'altezza del capolavoro; i capolavori del passato, semmai, dovranno anche in questo caso darci la "misura" di quei valori eterni e universali da raggiungere attraverso forme nuove e originali, se pure ugualmente fondate sul rispetto di leggi naturali immutabili (le stesse di sempre), su principi estetici che la matematica stessa conferma. Principi che si chiamano unità, proporzione, armonia, principi che, nel giardino, godono per di più del sostegno e dell'ausilio già di per sé perfetto delle piante.Villa Doney, S. Michele di Pagana
Di queste leggi, di questi principi, l'unità è forse quella che più conta; e la troviamodivinamente profusa nei paesaggi, in quei "momenti" della natura che hanno il potere di suggestionarci e di commuoverci: unità nel senso di equilibrio sapiente di elementi anche disparati, raccolti in un'atmosfera che tutti li avvolge e li amalgama, quasi simbolo di quell'equilibrio supremo e immutabile al quale tutti, più o meno consapevolmente, tendiamo. Questa unità è necessario sapere dare anche al giardino, sia per la sua inserzione nel paesaggio, e sia perche il giardino possa formare un "tutto" con la casa cui appartiene, e alla quale dev'essere armonicamente legato, divenendone la logica e ideale continuazione nello spazio aperto, nonché tramite fra la casa e la strada. Inoltre, unità nell'ambiente e nel clima, unità nel colore (intesa come sapiente e vasta considerazione di un insieme che va molto al di là dei confini del giardino stesso). E chiaro, a questo punto, che tale concetto investe da presso anche il concetto di armonia, poiché solo in virtù di una sottile e sensibile gamma di accordi e di armonizzazioni potrà raggiungersi un effetto "unitario": accordi, si capisce, con le architetture, con l'ambiente, anche e soprattutto con l'ambiente botanico circostante, grazie a quei fondamentali e imprescindibili princìpi di associazione fìtosociologica di cui la natura ci fornisce sovente esempi magistrali. E altrettanto evidente che in questo caso l'armonia sarà suggerita, più che da precise leggi, dall'intuizione, dal gusto e dalla sensibilità di chi pensa e disegna il giardino.
S'intende che l'unità non vuoi dire uniformità: che anzi la più grande varietà di essenze, di forme, di colori, potrà essere utilmente impiegata, e se ne potranno cavare quegli effetti d'armonia e, appunto, di unità, sempre che siano presenti e attivi quel gusto, quel senso della misura, quell'equilibrio di cui dianzi si diceva; cui non nuocerà nemmeno un tocco estroso di originalità. Per cui anche un piccolo giardino (non sono necessarie, ovviamente grandi superfìci) potrà raggiungere effetti d'intensità non inferiori a quelli dei grandi giardini del passato (nei quali il senso unitario era soprattutto fornito dall'impianto assiale e dai collegamenti con la casa, in funzione, quindi, architettonica): nel nostro giardino moderno, invece, varranno allo scopo anche poche piante ben disposte, oltre a un accorto dosaggio di colori.
Il concetto leonardesco della "divina proportione" ben si addice al giardino (né va dimenticato che l'invenzione "scientifica" del giardino è di marca squisitamente rinascimentale). La proporzione, dunque, che ben accorda - spesso confluendo in essi - con i già chiariti concetti di unità e di armonia; ma che ha anche sue proprie e ben precise esigenze, le quali, nel caso nostro, si identificano in termini di misura e di rapporto. Al fine di non scivolare troppo nel diffìcile, si dirà qui che la proporzione (cioè la misura esatta del giardino) sarà determinata dal rapporto, ancora una volta, con l'ambiente circostante e con l'uomo stesso, e che avrà alla base una visione che vorremmo chiamare "prospettica"; per essere ancor più chiari, si dirà che mediante una giudiziosa distribuzione degli spazi e delle masse, mediante equilibrati "giochi" di luce e di ombra, mediante studiati rapporti di toni, si potranno ottenere Castello di Paraggistraordinari effetti di "ingrandimento" o di "rimpicciolimento" del giardino a seconda delle diverse necessità ad esigenze: si potrà creare, in altri termini, quella felice illusione prospettica, elemento principale di molti capolavori del passato. Una sorta di "spazio ragionato", insomma, con quel tanto di "invenzione scenica" che certamente non guasterà.
Avviandoci a conclusione, dirò che il giardino moderno dovrà essere concepito come luogo di vita, di lavoro, di riposo, di distensione: l'antica ed eterna aspirazione dell'uomo al "rifugio", all'hortus conclusus, potrà in esso identificarsi e acquietarsi. Alla guisa degli antichi "verzieri" che occhieggiano sullo sfondo delle tavole e degli affreschi fiorentini del '400, sarà come - mi si consenta l'apparente paradosso - "una stanza all'aperto"; con tutte le funzioni cioè di una stanza, ma con in più un'ampia visione di spazio; dovrà salvaguardare l'intimità e, nello stesso tempo, non precludere i rapporti col mondo esterno (rapporti discreti, pertanto, ma non ostili: non muri altissimi, quindi, ne pesanti cancellate). Sì che esso appaia, infine, come diaframma e mediazione ad un tempo.Villa Martello
Vorrei, fra i princìpi e le leggi che presiedono alla creazione di un bel giardino, insinuare un altro concetto teorico (più che concetto, forse, posizione morale): l'umiltà.
L'umiltà, cioè, del costruttore - o ideatore che sia - il quale mai dovrà cercare di sopraffare con la propria invenzione ciò che gli sta davanti e attorno; né mai dovrà soverchiare con la "forma" del suo giardino le forme naturali in cui il giardino stesso si inserisce: in modo, poi, del tutto particolare se il giardino nascerà in un ambiente paesistico, urbanistico o architettonico di per sé ragguardevole. Dal che nasce la necessità, per esempio, di adattare il giardino con assoluta semplicità in un armonico paesaggio; dove gli alberi esistenti non dovranno in alcun caso essere abbattuti, ma considerati invece nel "piano" del nuovo giardino con, al massimo, qualche diradamento o sfoltimento; né la forma del terreno dovrà essere violata, in quanto è il giardino che dovrà ad essa armoniosamente adattarsi. E quanto maggiore sarà la problematica proposta da una situazione naturale preesistente, tanto maggiori saranno l'impegno del progettista nel risolvere - adattandoli a quella problematica; e non distruggendo quest'ultima per incapacità, pigrizia o faciloneria - i problemi specifici del giardino. Giardino che dovrà essere considerato, infine, anche nel tempo: sua condizione determinante e definitiva. Se ogni altra opera d'arte - architettura, scultura, pittura - una volta condotta a termine, può e deve essere considerata definitiva, compiuta e immutabile, il giardino dovrà tener conto, invece, della mutabilità degli elementi che lo compongono, in quanto piante, aVilla Martello, Fiesole, foto Pozzanalberi, fiori, crescendo, ne cambieranno sensibilmente e magari sostanzialmente l'aspetto: chi fa un giardino, quindi, dovrà anche saperlo vedere come sarà, e proiettare la propria azione verso il futuro. Dirò perciò che il tempo è, per il giardino, la "quarta dimensione".

Se finora si è parlato del giardino in sede teorica, quasi fìlosofìca, non saranno inutili, a completare il quadro, alcuni cenni che potrei chiamare "tecnici". Dirò, pertanto, che se il giardino dovesse sorgere in una zona industriale, sarà di fondamentale importanza l'accordo fra i diversi proprietari delle fabbriche per l'impiego a giardino di aree di comune possesso: sì che i diversi giardini possano formare una specie di "intergiardino", organicamente e armonicamente concepito, pur col massimo rispetto della "personalità" di ciascun giardino (una felice concordia discors). In questo caso non si dovranno impiegare piante e fiori delicati o facilmente danneggiabili, bensì alberi e arbusti resistenti, siepi, ecc.
Varrà sempre e comunque, naturalmente, una saggia considerazione economica, per cui un attento progettista, per non incorrere nel dispendioso "fare e disfare", terrà conto in partenza di tutti i presupposti di ambiente, di terreno (limitare al massimo i movimenti del terreno!), del carattere, del gusto del committente. Se si fa un giardino per bambini, si terrà presente il fatto pur naturalissimo, che i bambini crescono; e si concepirà il giardino in modo da renderlo adatto ai bambini anche quando saranno divenuti uomini. Al fine della manutenzione (e quindi del costo), si terrà presente che sono di più facile e meno costoso mantenimento i giardini con boschetti, con molti arbusti, con prati da falciare solo due volte l'anno, con superfìci pavimentate. Se ben pensato e studiato, il giardino richiederà anche una manutenzione meno impegnativa; ma ci si ricordi, comunque, che un giardino non suscettibile di essere modificato nel tempo (necessità, quindi, anche, di concetti elastici) non darà mai intera soddisfazione. Nella manutenzione, sia del "Verde" pubblico che di quello privato, si terranno soprattutto presenti i provvedimenti atti a mantenere l'indispensabile equilibrio tra gli elementi vegetali, affinchè i più grossi e forti non sopraffacciano i più deboli (potature, estirpazione d'erbacce, diradamenti, ecc.); si terrà conto delle sempre più efficaci conquiste della tecnica, tali oggi da consentire brillanti risultati: dall'irrigazione a pioggia automatica o semiatomatica che allevia l'opera manuale del giardiniere, all'uso dei terricci "universali", validi cioè per ogni tipo di pianta, da quelle maestose dei parchi alle modeste pianticelle in vaso della terrazza. E si potrebbe continuare all'infinito.
Voglio ora raccogliere alcuni preziosi suggerimenti dell'esperienza mia ed altrui in una specie di piccolo codice da tener presente in ogni caso, e utili in ogni tempo, luogo e spazio. Eccoli:

1)1 toni azzurri e grigi ingrandiscono il giardino; caldi e forti lo fanno apparire meno vasto.

2) Le piante debbono armonizzare non solo con la casa, ma anche con l'uomo che in essa dimora.

3) II senso dell'ampiezza è suggerito da molte piante e da pochi spazi. Più grandi sono gli alberi, tanto maggiore è il senso dell'ampiezza.

4) Una grande profusione di piante produce intimità.

5) Troppi fiori, se non perfettamente disposti, nuocciono alla "forma" del giardino.

6) I fiori nulla aggiungono al disegno del giardino; ma la loro scelta è lo specchio vivente della personalità di chi ha fatto il giardino e di chi lo possiede.

7) Se si piantano alberi vicino alla casa, non si pianteranno mai i sempreverdi (cedri, pini, magnolie) a Sud: toglierebbero il piacere del sole durante la stagione fredda.

Giardino privato,  anni Trenta