LE PIANTE SENTONO IL PERICOLO E CHIEDONO AIUTO
(dalla rivista Plant Physiology)

 

Piante di mais




Quando vengono attaccate chiamano i nemici dei loro invasori e generano una sostanza per avvisare gli altri alberi





In questi giorni di umida e grigia primavera i botanici hanno rubato alle piante un piccolo ma importante segreto. E’ una storia naturale raccontata da due scienziati, Massimo Maffei dell’università di Torino e Wilhelm Boland del Max Plank Institute di Jena, in Germania, i quali hanno scoperto una stranissima ma efficace strategia di difesa messa in atto dal «fagiolo di Lima», il Phaseolus lunatus classificato ancora da Carlo Linneo nel Settecento.

Per tre anni i ricercatori hanno indagato sul fagiolo, sorvegliandone i comportamenti in diverse situazioni e alla fine si sono resi conto che la pianta, quando c’è un pericolo, lo avverte e reagisce con i mezzi di cui dispone. Hanno osservato che quando un bruco si appoggia sulla foglia, appena questa percepisce la saliva dell’invasore, i suoi geni entrano in azione favorendo la generazione di una sostanza volatile. Il profumo di questa sostanza, simile a quello di lavanda, è capace di richiamare le vespe che accorrono aggredendo i bruchi, pungendoli e iniettando nel loro corpo delle uova.

La storia, raccontata sulla rivista Plant Physiology, finisce male per l’invasore e bene per la pianta. Le uova delle vespe, crescendo all’interno del corpo del bruco, finiscono per farlo esplodere: eliminazione violenta ma efficace.

Ma è interessante anche la seconda funzione scoperta dai due botanici, sempre esercitata dal profumo di lavanda che aleggia nell’aria. Esso, infatti, diventa un segnale di allarme prontamente ricevuto dalle altre piante, che attivandosi a loro volta lanciano lo stesso segnale olfattivo per chiamare in soccorso gli insetti.

Se la storia si chiudesse con il «fagiolo di Lima» potremmo forse limitarci a vederla soltanto come una curiosità. Invece i ricercatori, estendendo le loro indagini, hanno riscontrato lo stesso comportamento difensivo anche nei fagioli borlotti (il Phaseolus vulgaris di cui generalmente ci cibiamo), il mais e numerose altre specie vegetali.
«E questo rende davvero lo studio importante — commenta il professor Patrizio Giulini, botanico dell’Università di Padova — perché dimostra l’esistenza di un meccanismo comune e non straordinario, sviluppato nei milioni di anni che hanno caratterizzato l’evoluzione vegetale».
«Sotto le foglie — spiega ancora Giulini — ci sono centinaia e centinaia di stomi, attraverso cui il vegetale compie gli scambi gassosi, cioè traspira, ed è da essi che può lanciare il suoi segnali odorosi. Naturalmente sono in quantità minime, poche molecole contenenti azoto, ma altamente attive per la funzione che devono svolgere».
Il valore di queste ricerche è legato in particolare alle possibili applicazioni che ne possono derivare. Indagare i meccanismi di protezione e riuscire magari a governarli significa decifrare quegli aspetti che potrebbero favorire la difesa naturale delle piante e quindi delle coltivazioni senza dovere ricorrere alle sostanze chimiche, ai fitofarmaci, come si continua a fare oggi.
Le possibilità di comunicazione delle piante sono oggetto di svariati studi, non solo per aiutarle a difendersi, ma anche per poterle trattare meglio nella loro crescita consentendo loro di«esprimersi» al meglio, e accrescendo il nostro piacere visivo. In questo senso lavorano i botanici dell’Eden Project, in Irlanda, che vorrebbero mettere a punto un sistema in grado di convertire le emissioni chimiche dei fiori in segnali elettromagnetici così da decodificare e capire il loro linguaggio e quindi le loro necessità. Insomma, l’obiettivo sarebbe di arrivare a comunicare con le piante.

Fantascienza? «Il problema più grave — conclude Giulini —diventerà quello di trovare il modo di rispondere. Venti anni fa mi sarei voluto occupare di psicologia delle piante, e detto così potrebbe sembrare strano. La realtà è che il mondo vegetale conserva misteri che noi siamo ancora lontani dall’affrontare».