ULIVO, l'albero sacro

di Leonardo Stellone (Giardinaggio, marzo2009)




Mille anni e più può vivere questo meraviglioso albero dai frutti saporiti
e dalla struttura scultorea, spesso inserito anche nei giardini.


Secondo la leggenda, fu per aver piantato in Grecia il primo ulivo (Olea europaea), la pianta più utile all'uomo, che Zeus concesse alla dea Atena la sovranità di Atene e dell'Attica. Da allora l'ulivo fu considerato sacro, era proibito abbatterlo e il suo legno poteva essere utilizzato solo per plasmare statue di culto. Ancora prima, era venerato dagli Egizi che ornavano con i suoi rami le tombe dei faraoni in segno di onore e di immortalità. Il suo olio ha da sempre costituito un elemento indispensabile alla vita quotidiana, e non solo come fonte di cibo.

Ha alimentato le lanterne nei templi egizi del dio Sole, nel Tempio di Salomone, nel Partenone, nelle più antiche chiese e nelle moschee. Le donne più belle, da Cleopatra a Elena, lo usavano per mantenere giovane la pelle e lucidi i capelli. Gli atleti e i lottatori lo massaggiavano sul corpo per rinforzare i muscoli e lenire le abrasioni. I medici greci e romani lo mescolavano in unguenti e intrugli per curare disturbi e malattie. Vista la sua importanza, non sorprende che l'ulivo sia diventato un simbolo rilevante per molte culture. Emblema di vittoria, di onore, di rinascita, è anche e soprattutto simbolo di pace. Secondo la Bibbia, fu un ramoscello d'ulivo a sancire l'alleanza tra Dio e gli uomini, quando una colomba lo portò a Noè sull'Arca per annunciare la fine del diluvio universale.

L'ulivo e la sua terra

Il Mediterraneo comincia e finisce con l'ulivo, sostenevano gli antichi, sottolineando il legame indissolubile tra la pianta e la sua terra. L'ulivo è originario del Medio Oriente: i più antichi frantoi sono stati rinvenuti in Siria e Palestina e risalgono a più di 5.000 anni fa. In seguito, micenei, fenici, greci e romani ne fecero una delle principali colture agricole del Mediterraneo.
In Italia, era già coltivato dagli etruschi, ma furono i romani a sviluppare un vero e proprio mercato oleario Nell'antica Roma si importava così tanto "oro verde" che le anfore, ammucchiate per secoli, diedero origine a un monte, il Testaccio.
Nel IV secolo d.C. esistevano in città ben 2.300 distributori di olio, utilizzato per la cucina, la cosmesi, i massaggi, la cura, le lucerne, i riti ecc. I popoli conquistati pagavano tributi sotto forma di olio ed esisteva un'arca_olearia, una sorta di borsa specializzata per le contrattazioni. Anche la tecnica olearia ebbe grande impulso: autori latini come Catone, Plinio e Columella scrissero interi trattati sulla coltivazione dell'ulivo.

L'olio: un vanto di casa nostra

Con la fine dell'impero romano, il consumo dell'olio d'oliva diminuì drasticamente, per riprendere vigore nel Medio Evo e in seguito con le Repubbliche marinare. Oggi la produzione dell'olio d'oliva si è estesa a tutto il globo, dagli Stati Uniti all'estremo Oriente, ma l'ulivo rimane una specificità di casa nostra: su 800 milioni di piante coltivate, oltre il 90% cresce nel bacino del Mediterraneo, con l'Italia in prima linea tra i produttori.
Su 1.500mila tonnellate di olio prodotte nel mondo, 1.450mila provengono dal Mediterraneo, di cui 450mila dall'Italia. Ma è soprattutto sul versante della qualità che il nostro paese spicca: con una quantità di extravergine pari ai due terzi del totale nazionale e con ben 37 denominazioni DOP, l'olio italiano non ha rivali al mondo. Proviene soprattutto dai vasti oliveti del Meridione, con Puglia e Calabria come primi produttori, ma anche nelle zone miti del Nord esistono produzioni d'eccellenza, in Liguria e sulle rive del lago di Garda.

Olive: un vanto di casa nostra

Verdi o nere, le olive sono il saporitissimo frutto dell'ulivo. Le varietà sono centinaia: da olio, da mensa, e a duplice attitudine. Quelle verdi vengono raccolte prima di maturare, hanno polpa soda e si conservano in vari modi; le nere si raccolgono ben mature, hanno sapore forte e caratteristico, vengono ammorbidite con vari lavaggi e poi essiccate al sole o cotte al forno e conservate sott'olio o in salamoia. Le olive verdi più amate sono le Giganti e le Ascolane, le nere più diffuse sono le Moresche e le Kalamata. Poi ci sono le sfiziose Taggiasche, brune e piccolissime, le gigantesche Greche, carnose e saporite, le succose Gaeta, viola e acidule, le Tonde del Belice, morbide e dolci.
Gustose e versatili, le olive aromatizzano tantissime ricette della tradizione mediterranea (dai primi ai secondi di carne e pesce, dalle insalate ai formaggi) e si possono preparare in tanti modi secondo ricette, è proprio il caso di dirlo, millenarie: già gli antichi romani le cucinavano in tegame, al forno, farcite, conservate, aromatizzate, tritate in salse e patè. Energetiche e ricostituenti, racchiudono i grassi del latte materno, un ricco assortimento di sali minerali e vitamine. Ma il loro segreto sta soprattutto nell'olio che ne viene estratto.

Olio d'oliva, quasi un farmaco

Già Galeno, celebre medico alla corte di Marco Aurelio, considerava l'olio d'oliva il migliore medicamento a disposizione dell'uomo. Gli studi moderni non hanno fatto che confermare questo potere curativo, mettendone in luce i principi attivi. Negli anni '70 si notò che i popoli dell'area mediterranea soffrivano molto meno di cardiopatie rispetto agli altri occidentali: merito della 'dieta mediterranea' e in particolare dell'elevato consumo di olio d'oliva.
L'olio è fatto fino all'80% di acidi grassi monoinsaturi, che mantengono alto il colesterolo "buono" e basso quello "cattivo", contribuendo alla prevenzione delle malattie cardiocircolatorie. La ricchezza di sostanze antiossidanti, vitamina E e polifenoli riduce il rischio di arteriosclerosi, rallenta l'invecchiamento cellulare, contrasta i radicali liberi e svolge azione antinfiammatoria, antiallergica, antibatterica e antivirale. L'olio d'oliva inoltre facilita l'attività di fegato e cistifellea, protegge da calcoli e ulcere, regola l'intestino e svolge un'azione lassativa.

Abbastanza calorico, è però facilmente digeribile: il segreto è consumarlo crudo, quotidianamente, per avvantaggiarsi dei suoi innumerevoli benefici. Ma anche per uso esterno si dimostra efficace: come ben sapevano Cleopatra e Afrodite, e come ha recentemente riscoperto l'industria cosmetica, inserendolo in creme e trattamenti per mantenere giovane ed elastica la pelle.

Olive in tavola: le migliori varietà


Bitontina o Baresana: pianta rustica e di rapida crescita, autoincompatibile e spesso utilizzata come impollinatrice, dalla produttività media. Le olive, nere e dolci, sono ottime con formaggi freschi e nelle focacce. L'olio è molto apprezzato.
Taggiasca: pianta di notevoli dimensioni, per il mare e la collina, soffre la siccità. Produttività elevata. Eccellenti olive nere tardive; olio tipico di Imperia.
Ascolana: pianta esigente per terreni freschi, sciolti, calcarei, resistente al freddo, autoincompatibile. Produttività media. Olive verdi precoci, ottime in salamoia.
Leccino: pianta vigorosa e adattabile, resistente al freddo, autoincompatibile. Produttività elevata. Olive precoci di colore nero rosato, ottime aromatizzate e nei sughi.
Carolea o Calabrese: pianta adattabile e rustica fino a 800 m di altitudine, autoincompatibile. Produttività elevata. Olive a maturazione scalare, sia verdi che nere, da tavola e da olio.
Gaeta: pianta rustica, a rapida crescita, resistente al freddo e alle malattie, autocompatibile. Produttività elevata. Maturazione scalare e tardiva, eccellenti olive affusolate violacee da tavola e da olio.
Nocellara del Belice: pianta di medie dimensioni, adattabile, autoincompatibile. Produttività elevata. Maturazione tardiva, olive verdi ottime in salamoia. L'olio è molto apprezzato.
Santa Caterina: pianta rustica, dalla chioma ampia, adatta ai terreni collinari. Ottime olive verdi da mensa.

 



Curiosità

L'olio era alla base dei primi cosmetici della storia: si mettevano in infusione nell'olio d'oliva foglie e fiori (rosa, menta, alloro, ecc.) e si ottenevano pregiati e fragranti unguenti.
Che differenza c'è tra olio extravergine e olio d'oliva? L'olio extravergine (migliore per qualità, sapore e proprietà) è ottenuto solo con procedimenti meccanici (macinatura, spremitura, centrifugazione) e presenta acidità massima 0,8%. Da 0,8 a 2,0% diventa olio di oliva vergine. Se l'acidità è più elevata prende il nome di olio di oliva lampante vergine e deve essere lavorato, dopo di che diventa olio di oliva raffinato. Il semplice olio d'oliva è un olio raffinato con una percentuale di extravergine o vergine.
Il primo carattere dell'olio è il fruttato, cioè il profumo che ricorda il frutto. Gli oli ottenuti con olive acerbe hanno un sapore piccante, deciso e amarognolo, quelli ottenuti con olive più mature sono più dolci, leggeri e delicati. Vi sono poi sfumature particolari come quelle di carciofo, mandorla, erbaceo, ecc. Gli oli dolci si addicono a insalate e pesce, gli oli fruttati a pinzimoni, ragù, fritti, legumi.
Recenti studi hanno evidenziato poteri afrodisiaci. L'olio stimola infatti la circolazione sanguigna. Ma per ottenere l'effetto desiderato, deve essere olio extravergine, e preferibilmente pugliese o ligure.

 

 

L'ulivo in giardino, un tema molto discusso




Da una decina d'anni gli ulivi secolari sono di gran moda e popolano molti giardini del Nord. Complice un generale aumento della temperatura che ha visto un susseguirsi di inverni miti negli ultimi anni. "Possono sopravvivere, certo, ma non danno nessuna garanzia", spiega il paesaggista Robero Malagoli. "Il Nord Italia ha un clima continentale che prima o poi presenta picchi di bassa temperatura. E la genetica si modifica in tempi molto lunghi: dunque non può una pianta nata in clima mite adattarsi in pochi anni a un clima rigido". Ma una volta inserito in giardino, cosa si può fare per proteggere il proprio ulivo secolare? "Oggi le previsioni meteorologiche sono molto precise: quando indicano un considerevole abbassamento della temperatura, è necessario proteggere l'albero. Una fasciatura con ciuffi di paglia legati con della corda intorno al tronco andrà benissimo. L'importante è lasciare la protezione solo per il breve periodo rigido, e non da ottobre ad aprile, altrimenti la pianta soffrirà. L'unico riparo che si può lasciare più a lungo è il telo di tessuto non tessuto. Da non dimenticare è una pacciamatura al piede dell'ulivo". E riguardo alla posizione? "No alle esposizioni a est e nord, sì al lato sud e ovest, più caldi e luminosi, al riparo dalle correnti."
Da dove vengono questi 'grandi vecchi'? "La maggior parte dalla Spagna, poi dal Portogallo e dal resto del bacino Mediterraneo. Alcuni, oggi sempre meno, provengono dal nostro Meridione, Puglia soprattutto". Cosa significa questo fenomeno dal punto di vista ecologico e ambientale? "Laddove è necessario fare opere di urbanizzazione in zone dove crescono ulivi, meglio estirparli e venderli che abbatterli: l'ulivo infatti si lascia estirpare e traslocare, è un albero forte e capace di rigenerarsi, per questo li troviamo plurisecolari. Il problema è che spesso diventa una speculazione... Se è giusto recuperare piante destinate all'abbattimento, è invece sbagliato lo scempio del paesaggio. Un discorso diverso riguarda quegli ulivi die erano stati piantati dagli agricoltori per produrre olio: in questo caso è una loro facoltà quella di estirparli e venderli quando, dopo 30-40 anni, non sono più produttivi, per sostituirli con piante giovani". Quali sono i prezzi? "Il boom ci fu qualche anno fa. I primi ulivi furono venduti a cifre astronomiche: fino a 30.000 euro per piante magnifiche, anche di 5 o 6 secoli. Oggi l'offerta è superiore alla domanda, cosicché si trovano grandi ulivi secolari a 5.000 euro. Quelli più giovani e piccoli venduti dai contadini sono offerti anche a 500 euro rispetto ai 2.000 o 3.000 di qualche anno fa".




Come prendersene cura
di Elena Tibiletti

L'albero è spesso interessato da un'alternanza di produzione, dovuta a un cocktail di condizioni climatiche, parassiti, potature e concimazioni errate, ritardo nella raccolta dei frutti e predisposizione della cultivar scelta. Sono d'aiuto in questi casi l'anticipo dell'epoca di raccolta e l'irrigazione e la concimazione continua durante tutto l'anno. In genere l'irrigazione (preferibilmente a goccia) è importante soprattutto nei primi anni d'impianto e nel periodo estivo, per evitare malformazioni dei fiori e dei frutticini.

La concimazione in autunno e in primavera serve specialmente se la produzione è sempre scarsa: scegliete un prodotto che contenga, oltre a fosforo e potassio, anche microelementi come boro, magnesio e calcio. Come portinnesti oggi si utilizzano gli olivastri, provenienti da cultivar rustiche e vigorose, ottenuti da semi di piante coltivate. Fra le cultivar, ci sono quelle da olio, da mensa e a duplice attitudine. Quelle indicate per il Nord Italia sono Frantoio e soprattutto Leccino.
Per la messa a dimora è necessario, in autunno, lavorare bene il terreno, fino ad almeno 50 cm di profondità e concimarlo con letame, fosforo e potassio. Solo all'inizio della primavera si procederà all'impianto, dando alla piantina almeno 5 x 5 m di spazio intorno.

L'olivo è una pianta mediterranea che ha bisogno di molta luce e aria e deve mantenere molte foglie ben illuminate dal sole per produrre bene: le olive si formano su rami di un anno lunghi da 25 a 50 cm e la potatura sarà volta a eliminare progressivamente i rami più vecchi, per lasciare spazio ai nuovi. Se non si è olivicoltori di professione, è meglio lasciar assumere alla pianta la forma spontanea, libera, senza interventi di potatura se non la spuntatura dei rami vecchi. L'epoca di raccolta varia a seconda della cultivar, visto che gli olivi possono avere maturazione scalare o contemporanea e questa può essere precoce, media o tardiva. In generale, le olive da olio si raccolgono da metà ottobre alla fine di dicembre, quando è avvenuta l'invaiatura, cioè quando i frutti hanno cambiato completamente colore, assumendo quello tipico della varietà; non vanno raccolte le olive già cadute a terra spontaneamente, perché sono di qualità scadente; piuttosto è meglio anticipare la raccolta che ritardarla.
Le olive da mensa invece si raccolgono prima o dopo l'invaiatura, a seconda del procedimento di conservazione a cui saranno sottoposte. La raccolta si può effettuare sia manualmente sia meccanicamente. Quella manuale avviene per brucatura (olive raccolte con le dita e depositate in un cesto), pettinatura (con un attrezzo chiamato pettine, da passare fra i rami: le olive cadono su teli o reti posti sotto gli alberi), raccattatura (da terra, dopo la caduta, sconsigliata). Quella meccanica è in genere professionale e prevede l'impiego di ganci o pettini oscillanti o scuotitori da applicare al tronco o ai rami.