Senza entrare nel merito del progetto di riqualificazione
di piazza Libertà,
perché ai cittadini non è dato conoscere nei
dettagli i progetti se non dalla stampa
e prima delle immediate esecuzioni, vorrei fare una sola considerazione «a
latere».
Leggo che uno degli esecutori del progetto è un architetto
di Bolzano: credo
proprio che nella sua città e nella sua regione questo
professionista difficilmente
avrebbe osato elaborare un progetto che preveda il taglio di
ben 12 piante! Tanto
e tale è il rispetto e l’attenzione per il verde
in quella regione.
Ma qui, oramai lo sanno tutti, l’unica cosa che «se
pol» è tagliare alberi, spesso
centenari, inventando le più trite delle scuse; la più frequente è attribuita
a «
malattie della pianta»: sfido io, la cura del verde in
questa città, salvo rare
eccezioni, è prevalentemente circoscritta all’impianto
di piantine stagionali che
muoiono nel giro di poche settimane, perché non curate
e non bagnate, o di
arbusti spesso non compatibili con clima e quantità di
smog.
Ogni volta vengono promessi nuovi reimpianti come «contentino»:
ma ci
prendono per stupidi? Di sicuro non potrà trattarsi
di alberi secolari, altrimenti
perché li taglierebbero (la proposta avventata per piazza
Vittorio Veneto docet!)?
La funzione «polivalente» di un albero centenario
non può essere sostituita da
piante giovani o, peggio, da arbusti! Una città senza
alberi è triste, insana e
squallida.
Non sono contraria a cambiamenti ed innovazioni, se e quando
servono, ma la
bravura di un progettista si misura proprio nella sua capacità di
raggiungere un
obbiettivo (migliorare la viabilità) senza distruggere
quanto di bello, antico e utile
c’è.
È
fin troppo facile distruggere, radere al suolo per ricostruire,
più difficile è la
ricostruzione/riqualificazione conservativa. Dopo il «Giardino
di gesso» vedremo
proiettata «la città di cemento»?