Lettera ai Beni culturali: il Comune ha chiesto soldi
statali finalizzati a sanare un degrado che non c'è.
Una stampa d'epoca contenuta nei report di Italia Nostra.
Ecco com'era la piazza nel 1884
Contro
la riqualificazione viaria e urbana di piazza
Libertà - «che è in realtà un
intervento distruttivo di un pezzo di storia e sacrifica
un numero imprecisato di alberi secolari» -
ambientalisti e gruppi auto-organizzati tentano ancora
una volta di far pesare in extremis quelle diecimila firme
depositate in Municipio a ottobre.
Stavolta però la
strategia cambia. E così, dopo le fresche dichiarazioni
del sindaco Dipiazza e dell'assessore ai Lavori pubblici
Bandelli che ribadiscono la «necessità» di
tirare dritto, le contromosse superano i confini cittadini.
Obiettivo: stoppare un iter destinato ad aprire, nel secondo
semestre di quest'anno, «un cantiere da 420 giorni
consecutivi» in
area stazione. Italia Nostra infatti, di concerto con
WWF e Comitato per la difesa del giardino storico di piazza
Libertà, e davanti a una Soprintendenza che «latita», ha inviato alla segreteria generale del ministero
dei Beni culturali, a Roma, una lettera con un report storico
del fronte-stazione e soprattutto una richiesta di
un «vincolo
diretto specifico, molto più caratterizzato
e stringente», come precisa Giulia Giacomich,
presidente locale di Italia Nostra. «Piazza Libertà -aggiunge
- è una testimonianza forte della Trieste austro-ungarica
emporiale di fine '800 e lo spostamento integrale della
viabilità sul lato di via Ghega (più una «esse» di
rientro verso il Silos, ndr) comporta una distruzione
irreparabile del suo assetto storico».
Ma non è solo questione di vincoli. Nella lettera
ci sta un passaggio, velato, in cui si evoca - tiene a
sottolineare la Giacomich - un eventuale «illecito
amministrativo». Che significa? «Che quei due milioni
e 361mila euro ottenuti dal ministero delle Infrastrutture
per l'opera (più un milione e mezzo dalla Regione, ndr)
vengono dalla legge 21/2001 per il recupero di quartieri
degradati a forte disagio abitativo e occupazionale in prossimità di
zone portuali». Si tratterebbe dunque di «un
vero e proprio sviamento di fondi statali visto
che l'area, già interessata fra il 1998 e il 2004 da un piano
di recupero da 900mila euro, è zona di pregio
architettonico a prevalenza di terziario». C'è poi la «scarsa considerazione dei cittadini,
che dire scarsa è un eufemismo», rincara
la dose il referente territoriale del WWF Carlo Dellabella.
Così Ilaria Ericani, portavoce del
Comitato per piazza Libertà, chiede all'amministrazione
Dipiazza di «organizzare un incontro pubblico prima dell'approvazione
del progetto definitivo, affinchè l'assessore
Bandelli ci spieghi come potranno essere sacrificati soltanto
4/5 alberi visto che ne saranno tolti almeno 13».
Bandelli ripete da sempre che, con le ultime tecniche di trapianto
botanico, il sacrificio sarebbe appunto limitato. «Fisiologicamente
-sostiene però il botanico Carlo Genzo,
presidente nazionale di Camminacittà - non è possibile
il trapianto di alberi ultracentenari di quelle dimensioni. Gli
scavi, poi, rischieranno di toccare le parti terminali
delle radici, funzionali alla vitalità della pianta.
Il tentativo di trapianto dunque, che in partenza
comporta tecniche onerose, si configurerebbe come uno spreco
di denaro».