VADEMECUM PER L'OPERATORE
(da Il Supplemento a 'Il Divulgatore', gennaio 1996)

 

OSSERVIAMO LA PIANTA


Ogni specie arborea reagisce in modo diverso alle operazioni di potatura. In generale le latifoglie presentano una ripresa vegetativa piuttosto rapida, producendo nuovi rami e ripristinando velocemente la vegetazione eliminata, però, nei casi di potature male eseguite, può apparire disordinata, mal distribuita ed eccessiva. Al contrario le conifere non producono nuovi rami dal punto di taglio. Ogni intervento pertanto diviene definitivo per la forma della pianta.

In particolare per le principali latifoglie, sono valide le seguenti indicazioni:

Pioppi, salici, catalpe, paulonie e tutte le specie arboree con legno "dolce": la ripresa vegetativa è ottima, ma occorre effettuare tagli di dimensioni minima (massimo 3-5 cm di diametro), dato che le barriere protettive riescono con difficoltà a impedire la penetrazione degli agenti patogeni e la cicatrizzazione della ferita.

Querce, frassini,faggi, soprattutto in età adulta, reagiscono male al taglio: limitare quindi al minimo gli interventi.

Olmo, platano: le operazioni di potatura sono da limitare al minimo indispensabile e devono essere effettuate con attrezzi disinfettati costantemente (anche ad ogni taglio e soprattutto tra una pianta e l'altra) per evitare il rischio di diffusione della grafiosi (olmo) e del cancro colorato (platano).

Aceri, betulle: hanno la caratteristica di entrare in vegetazione precocemente in primavera. Gli interventi di di potatura devono pertanto essere effettuati in inverno, prima dell'innalzamento della temperatura.


UN ALBERO POTATO BENE N0N DEVE SEMBRARE POTATO

 

 

L'INSERZIONE DEI RAMI

Tutti i rami, principali e secondari, sono inseriti nel tronco (o nel ramo di ordine superiore) con un'unione molto salda, elastica, che assume una grande importanza per l'aspetto di solidità meccanica, ma anche nella protezione delle piante dai patogeni.

ll cono formato dai tessuti della branca (o del ramo secondario), che si inserisce all'interno del tronco (o del ramo principale), possiede alcune "barriere", che sono in grado di isolare il legno sano opponendosi agli attacchi degli agenti patogeni. Tali barriere non devono mai essere lesionate con le operazioni di taglio.

Per potare in modo corretto è necessario pertanto individuare il "colletto di corteccia" (freccia gialla) e il collare (freccia rossa): questi non devono mai essere lesionati con il taglio.

 

 

 

Nelle conifere, come questo pino silvestre, l'angolo di inserzione delle branche è più ampio che nelle latifoglie.

 

 

LE BARRIERE NATURALI

Le piante legnose sono organismi composti da una serie di compartimenti che possiedono una grande capacità di reagire a ferite e infezioni. Se però il legno inizia ad alterarsi, disgregandosi, l'albero può perdere gradatamente la sua resistenza meccanica e può diventare una fonte di pericolo per le persone. Per anni, infatti, la pianta colpita può non presentare sintomi esterni visibili e specifici, salvo una vegetazione meno rigogliosa, imputabile, peraltro a cause diverse. All'improvviso, invece, soprattutto in occasione di temporali, forti venti o carichi di neve, la pianta può essere soggetta a crolli, oppure morire nel volgere di breve tempo, in coincidenza di carenze idriche nel terreno.

L' albero reagisce agli attacchi dei patogeni opponendo alla loro avanzata una serie successiva
di barriere che, come in questo caso, isolano i tessuti danneggiati o infestati dai parassiti.
Le barriere, come si può vedere, non sono però impenetrabili. Un ruolo importante nella capacità di reagire da parte della pianta è rappresentato dalle caratteristiche generiche della specie e del singolo individuo, oltre che dalle sue condizioni vegetative e sanitarie complessive. Una pianta indebolita produce con difficoltà le barriere e quindi diventa più vulnerabile agli attacchi delle carie del legno.

L' alterazione del legno si estende solamente alla parte della pianta esistente al momento dell'attacco, lasciando intatto il legno che si formerà in seguito, sempre che questo non venga lesionato da cause accidentali o da nuovi interventi cesori.

In questo caso le barriere separano ancora in modo efficiente il legno alterato da quello sano. Qualsiasi intervento ulteriore, come ad esempio il drenaggio della cavità, tecnica del passato attuata mediante il foro del legno fino all'esterno dell'albero, è da evitare perché rompe le barriere e permette ai patogeni di diffondersi nel legno sano.

 

ALCUNI CASI PRATICI

Intervenire in maniera corretta con interventi cesori su di una pianta richiede evidentemente non solo la conoscenza teorica delle tecniche di potatura, ma anche la capacità di saperle applicare ai casi concreti. Per decidere il modo con cui intervenire si deve osservare l'intero albero, rilevando in particolare se la vegetazione è clorotica, se vi sono branche morte, capitozzature, monconi, cosi come il fatto che l'albero ha iniziato ad inclinarsi o che si assiste al distacco della corteccia. Il sollevamento della corteccia, insieme ad estese porzioni di legno esposto, è sempre indice di vaste alterazioni del legno.

Questo tiglio (Tilia platyphyllos), appena messo a dimora con una zolla di adeguate dimensioni, non deve essere sottoposto a potature devastanti. Ci si limiterà ad eliminare o raccorciare gli eventuali rami codominanti e ad equilibrare tra loro le branche, asportando completamente quelle male inserite. In seguito si potranno eliminare con gradualità le branche ritenute troppo basse per la posizione in cui si trova l'albero.
In questa farnia (Quercus robur) la presenza di rami secchi su di un solo lato della chioma è indice di danni alla corrispondente porzione dell'apparato radicale. Oltre a specifici interventi che riguardano quest'ultimo, si è proceduto alla potatura di rimonda delle parti morte o deponenti.

La cavità di questo ippocastano (Aesculus hippocastanum) contiene costantemente acqua. Il drenaggio della cavità è assolutamente da evitarsi. I motivi sono da rinvenirsi non solo nel fatto che si andrebbero a ledere le barriere protettive, ma anche perché nel legno, così venutosi ad asciugare, i funghi della carie, aerobi, si sviluppano più rapidamente.

Questa grande farmia (Quercus robur) presenta le tipiche manifestazioni di uno stato di sofferenza, come la morte apicale delle branche, una crescita molto lenta e la perdita dei germogli. Si può vedere infatti che il fogliame forma quasi dei ciuffetti agli apici dei rami. E' indispensabile intervenire con una potatura che elimini le parti morte e diradi i rametti. Si eseguiranno inoltre moderati tagli di ritorno che alleggeriscano le branche squilibrate. La concimazione sarà realizzata con concimi completi a ridotto tenore di azoto.