IL FASCINO DEGLI ALBERI MATURI

testo e foto di Renato Ronco (Giardinaggio, maggio 2009)

 


Taxodium disticum,  Isola del GardaI
l mio legame con i grandi alberi è antico e profondo. Ricordo, nei miei viaggi, l'incontro con grandi canfori, imponenti ceibe, maestosi ficus, incredibili baobab... Ricordo i sorprendenti "draghi" (Dracaena draco) delle Canarie. Ho visto solo in foto, per ora, il Taxodium ascendens del Messico, il più grande albero del mondo, pare, considerato il diametro del tronco, perché in altezza nessuno può competere con le sequoie. Non ho ancora avuto il piacere di vedere di persona le sequoie della California. Devo accontentarmi delle fotografie che ho scattato negli ultimi anni, alberi più piccoli rispetto a quelli citati, ma non meno sorprendenti.
Ho sempre subito il fascino di questi esemplari, che avvicino con una sorta di rispetto e timidezza.

La caparbietà nel voler sopravvivere alle avversità

Le loro dimensioni emanano forza, caparbietà. Sono testimoni di mille avvenimenti, presenze silenziose, cariche dei segni e delle cicatrici di tutto quanto è successo attorno a loro nei secoli, a volte nei millenni. Per aver resistito, essere sopravvissuti a tante avversità, li vedo come dei saggi, che ci possono trasmettere serenità e pazienza.






il cedro di Vila Real in Portogallo (Cedrus deodara)
I Cedrus atlantica sono originari delle montagne dell'Atlante, tra l'Algeria e il Marocco. Da noi si sono trovate benissimo anche le specie Cedrus deodara, proveniente dall'Himalaya e Cedrus libani, sempre più raro anche nelle montagne del Libano. Fino a pochi anni fa venivano utilizzati molto nei nostri giardini, ora stanno passando di moda, come tutte le conifere. Ed è un vero peccato, perché sono piante di grande imponenza e bellezza. Non esiste villa storica che si rispetti, nel Nord Italia, che non vanti almeno uno di questi giganti.


Le sequoie di casa nostra


La differenza di dimensioni tra le nostre sequoie e le cugine americane è enorme, ma anche le nostrane possono sorprenderci.
Le piante comunemente chiamate sequoie appartengono a due generi notevolmente diversi tra loro: la Sequoia sempervirens e il Sequoiadendron gigantèum.

La prima detiene il record in altezza. In California supera comodamente i 100 metri, da noi molto meno. Il suo portamento è slanciato con la caratteristica corteccia spessa e spugnosa. Nel Parco della Burcina, nei pressi di Biella, se ne può ammirare un bellissimo gruppo. E’ stato messo a dimora nel 1848: tutte le piante, tra le prime introdotte in Europa, godono di buona salute e hanno raggiunto 46 metri di altezza. Questa specie purtroppo, vuoi per l'altezza, vuoi per il fatto di essere di frequente isolata viene spesso colpita dai fulmini con gravi danni...

Il Sequoiadendron gigantèum nel suo habitat, la Sierra Nevada, California, raggiunge "solo" gli 80 metri di altezza, ma il tronco ha un diametro decisamente superiore. Tuttora è in discussione se il record per il massimo diametro del tronco appartenga a questa pianta oppure al Taxodium citato precedentemente.
Anche questa specie è ben rappresentata nel Parco della Burcina. Meno colpita dai fulmini, ha però un nemico ancora peggiore, un fungo che insediandosi nei canali di conduzione della linfa spesso provoca il disseccamento della punta o di importanti branche.

ll grande patriarca

La pianta che mi ha sorpreso di più si trova nei pressi di Torino. È un cedro (Cedrus atlantica) forse il più imponente d'Italia, un vero monumento; sono rimasto incantato la prima volta che ho potuto vederlo. Sto parlando del cedro di Montalenghe, cresciuto in modo inconsueto per un albero del suo genere. Normalmente i cedri hanno un unico possente tronco; in questo caso, invece, otto enormi branche si sviluppano dal terreno. Un ramo, del diametro di quasi 50 cm, si protende curiosamente per una decina di metri a valle, per poi risalire dopo un'improvvisa inversione a gomito; ci si può sedere sopra e farsi dondolare: la sua lunghezza gli consente una flessibilità inconsueta, come se fosse una sorta di altalena. Anche la storia del parco che ospita da quasi 300 anni questo esemplare eccezionale è stata ricca di eventi. La proprietaria lo donò, insieme alla grande villa del '700, ai Salesiani; successivamente venne acquistato dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da Monsignor Marcel Lefebvre e per anni è stato un luogo di incontri e ritiri spirituali. Recentemente è ritornato in mani private.

 

Altri giganti e piante particolari

Platano a bottiglia di OportoPlatano a bottiglia di Oporto
Ci sono generi che devono diventare molto grandi, invecchiare, ramificare per essere notati. Spesso osservando i grandi platani, i faggi, i cedri non ci rendiamo conto, finché non ci si avvicina, che sono dei colossi. A meno che non abbiano assunto, per motivi vari o per le attenzioni di giardinieri sapienti, forme particolari, come gli strani platani "a bottiglia" di Oporto, che richiamano vagamente i baobab.

A volte, anche senza aver raggiunto dimensioni colossali, traversie particolari hanno provocato uno sviluppo contorto e interessante, magari con delle grandi lesioni, facendoli assomigliare a giganteschi bonsai. E il caso dell'olmo di Mergozzo, molto amato e curato, o di un tiglio che ho fotografato a Trondheim, in Norvegia.


A Bordighera, si trova il "Museo della Liguria Occidentale", dove Clarence Bicknell raccolse rare collezioni naturalistiche e reperti archeologici. Ci ha lasciato anche due colossali e spettacolari esemplari di Ficus macrophylla (sinonimo Ficus magnolioides). La vista di questi alberi immensi, con i loro tronchi particolari, dotati di grandi costolature che si allargano alla base e con le loro radici avvolgenti, richiama immagini di ambienti equatoriali, giungle di "salgariana" memoria.

Ficus macrophilla

L'esemplare che si vede nella fotografia ha ingoiato un muro, sta stritolando due grandi palme (Phoenix) ed è visibile un cancello di ferro già divelto e imprigionato nel suo mortale abbraccio. La loro crescita è così esuberante che può diventare un problema se si sviluppa vicino a case o recinzioni.

Il Ficus Macrophylla proviene dal Nord-Est dell'Australia (Queensland) e appartiene alla famiglia delle moracee. Richiede un clima con inverni miti e al Nord Italia può svilupparsi solo lungo le coste, dove le temperature sono mitigate dal mare. Anche tra le autoctone non mancano sorprendenti esemplari. Si vedono poco, perché di solito non si trovano in parchi o giardini, ma nei loro ambienti originari, i boschi. Sono i castagni, i carpini, le querce, i pioppi... I primi da anni lottano silenziosamente contro due malattie terribili: il mal dell'inchiostro e il cancro del castagno. Malgrado questi nemici, da cui non possiamo difenderli, si trovano ancora dei rari colossi centenari, che hanno raggiunto ragguardevoli dimensioni del tronco.

Grande ceppo di Yucca elephantipes
a Parc de la Ciutadella, Barcellona
un vecchio e contorto ulivo


Il particolare tronco di una vecchia Nolina longifolia a Villa Hanbury, Ventimiglia

Il vecchio e amato olmo di Mergozzo
Un tiglio particolarmente provato, in Normandia