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ROSE ANTICHE E MODERNE
di Stefano Masson (Giardinaggio, aprile 2007)


L’eccezionale patrimonio botanico del roseto " Carla Fineschi" di Cavriglia è stato scientificamente catalogato e i risultati sono stati pubblicati in un sontuoso volume. A Elena Costa, curatrice del libro insieme ad Elena Accati, abbiamo chiesto di parlarcene.

E' recentemente uscita per i tipi dell'editore torinese Umberto Allemandi & C. l'opera Theatrum Rosarum. Le rose antiche e moderne (volume rilegato in cofanetto, 336 pagine, 510 illustrazioni a colori e 31 in bianco e nero + 4885 fotografie a colori nel DVD-CD Rom allegato, 150 euro). Curato da Elena Accati ed Elena Costa, il libro è un autentico splendore per l'apparato illustrativo e la sontuosa veste grafica, ma si segnala altresì per il rigore scientifico dei contenuti. Il meraviglioso mondo delle rose è qui descritto in tutte le sue sfaccettature, con approfonditi rimandi alla storia e alla letteratura. Theatrum Rosarum cataloga per la prima volta il famoso roseto privato "Carla Fineschi" di Cavriglia, in provincia di Arezzo, che comprende oltre 5.500 rose antiche e moderne, come Carlo Pejrone rileva nella sua Prefazione, "può diventare un generoso amico da consultare, da godere, da studiare".

Elena Costa
Particolarmente incuriositi per l'aspetto innovativo della ricerca che ne è stata l'origine, abbiamo intervistato Elena Costa, dottore di ricerca presso l'Università degli Studi di Torino, dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio.

Theatrum Rosarum è un'opera di grande impatto visivo - ed è ciò che forse colpisce immediatamente il lettore - ma è anche e soprattutto il risultato di una ricerca molto impegnativa e che ha avuto una lunga gestazione. Com'è nato il progetto?

Il libro nasce da uno studio effettuato dal Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del territorio della Facoltà di Agraria dell'Università di Torino, su progetto del Consiglio Nazionale delle Ricerche. La ricerca, durata quattro anni, è stata avviata perché ci si è resi conto dell'importanza del germoplasma che viene conservato presso il roseto di Cavriglia, nell'Aretino. Si tratta, infatti, del più importante roseto a livello mondiale, tanto è vero che l'American Rose Society (organo di riferimento ufficiale per la registrazione delle nuove varietà) nelle sue pubblicazioni vi fa sistematicamente riferimento.
Sorprendentemente, a tanta notorietà all'estero, non ha corrisposto fino ad oggi in Italia un'adeguata conoscenza. Ed è proprio perché si è compresa la preziosità di questo bene, la biodiversità presente in questo roseto, che si è voluto procedere con una ricerca specifica.
Molte rose conservate in questo roseto sono presenti solo lì e non sono rinvenibili in altri parchi, in altre collezioni: si tratta davvero di esemplari unici, pazientemente raccolti dal professor Gianfranco Fineschi, fondatore e curatore del Roseto Botanico di Cavriglia, che ha iniziato questa raccolta per passione. E la medesima passione sta alla base della genesi del volume, che ha coinvolto tantissime persone del Dipartimento di Agraria, Selvicoltura e Gestione del territorio dell'Università di Torino.

L'editore Allemandi, che ha scoperto, grazie a un articolo, l’esistenza di questo roseto e del nostro studio, ha poi deciso una veste grafica e ufficiale a tutto il lavoro.
I fondi per realizzare la ricerca sono stati inizialmente erogati dal CNR e poi, in corso d'opera, si sono aggiunte le risorse della Provincia di Torino che, nella persona di Valter Giuliano, allora assessore alla Cultura, Protezione della natura, Parchi e Aree protette, hanno permesso di portarla a termine. Al libro, hanno collaborato moltissime persone, semplici appassionati, ibridatori come Andrea Mansuino, notissimo nel settore. Per non parlare, ovviamente, della professoressa Elena Accati, autrice di moltissimi libri sulle rose, o del professor Paolo Pejrone, notissimo paesaggista,che ha contribuito con molti spunti e consigli a livello informale, ma sempre preziosi.

Che genere di difficoltà avete incontrato nel realizzare una catalogaziene scientifica, del genere Rosa?

La problematica è correlata al fatto che le descrizioni che si ritrovano, sia in vari libri recenti sia analizzando la bibliografia storica, risultano spesso molto vaghe e soggettive. "Colore rosso, molto bello", naturalmente sono mille le sfumature di rosso possibili. Quindi il nostro lavoro è stato quello di rendere oggettivo ciò che prima era semplicemente un'indicazione soggettiva. Si è operato, innanzitutto, da un'analisi bibliografica per comprendere quali erano i parametri discriminanti per distinguere una specie dall'altra o una cultivar dall'altra.
Sono state prese in considerazione le schede della UPOV (Union Internationale pour la Protection des Obtentions Végétales), con delle indicazioni di misura.
Per quanto riguarda le indicazioni di colore siamo ricorsi alle tavole colorimetriche della Royal Horticultural Society. E, a partire da questi parametri, siamo andati via via nel dettaglio, per garantire la massima precisione. Infatti, nel volume, prima di ogni scheda, c'è una legenda che riporta come è stato effettuato il lavoro di catalogazione. Ad esempio, laddove si riporta l'indicazione "aculei disposti fitti" è perché c'era un certo numero di aculei all'interno di un centimetro di fusto, in questo modo una volta acquisita tutta la schedatura diviene poi facile attribuire un nome a un individuo sconosciuto, ripetendo il processo di identificazione. Tutta questa esigenza di precisione deriva anche dal fatto che la tassonomia del genere Rosa è molto complicata e confusa. Sono tantissime le classificazioni che sono state proposte. Quindi nella nostra ricerca si è cercato di dare il nome appropriato alle singole piante sia utilizzando tantissima bibliografia, sia avvalendoci di database di riferimento universalmente riconosciuti. In particolare per le rose antiche, è stato un lavoro tutt'altro che semplice. Attualmente si sta procedendo ad analisi del DNA per confermare o eventualmente smentire le attribuzioni che erano state avanzate.

C'è oggi un rinnovato e diffuso interesse per le rose antiche, che oltrepassa l'ambiente degli specialisti per lambire il largo pubblico degli appassionati di floricoltura. Quali i motivi culturali, di gusto estetico, sottostanti a questo "ritorno di fiamma" dopo decenni di disinteresse?

Sì, da circa un decennio stiamo assistendo al ritorno dell'attenzione sulle rose antiche. Probabilmente per due motivi. Innanzitutto, è una questione di moda.
La rigidità delle rose moderne non seduce più come un tempo. Oggi stiamo assistendo al diffondersi di una più spiccata sensibilità per forme più arrotondate, più sinuose, nel design come nella floricoltura, perciò il particolare portamento procombente delle rose antiche desta nuovamente gli entusiasmi degli appassionati.
È una questione di mutamento del gusto. Si cercano fiori che possano adattarsi armoniosamente a un giardino in cui la natura è lasciata più a stessa, meno schematizzata, meno irrigidita. Non a caso stanno riscuotendo grande successo le cosiddette rose inglesi, che fra le rose moderne sono quelle che più assomigliano alle rose antiche. Anche nostri più noti ibridatori, ad esempio Barni, vanno proprio a ricercare le caratteristiche tipiche delle rose moderne, ad esempio la resistenza alle malattie, da inferire a rose che abbiamo l'aspetto delle rose antiche.
L'altro motivo di questo rinnovato interesse per le rose antiche è di carattere scientifico, ovvero la sempre maggiore attenzione che la comunità dei ricercatori dedica alla riscoperta di patrimoni di germoplasma di grande valore storico-culturale.