GENIO VEGETALE
da Ventiquattro n. 2 del 3 febbraio 2007
(
magazine del Sole 24ore)


Patrick Blanc, botanico eccentrico, ha inventato i giardini verticali.
A Livia Manera ha svelato il suo sogno:«Voglio rivestire i grattacieli».


PATRICK BLANC ha i capelli color verde petrolio, la camicia verde acido con un disegno floreale verde bosco, le scarpe verde stinto che spuntano dai jeans, gli occhiali da presbite verde smeraldo, e si accende una sigaretta dietro l'altra, tutte alla menta, con un accendino verde bandiera. «Venga, voglio farle vedere una cosa», dice cacciandosi dentro un'automobile verde scarabeo parcheggiata davanti alla sua mostra «Folies Végétales» all'Espace Electra di Parigi, che ha gli infissi verde celadon come le ceramiche cinesi.
Magro, nervoso e simpaticissimo, riemerge spettinato dall'auto tenendo in mano un disegno a pennarello di un rettangolo in cui sono inserite centinaia di forme simili a gocce d'acqua allungate, in ognuna delle quali è scritto il nome scientifico di una pianta. «Così capisce come lavoro», spiega, mentre il nostro sguardo si distrae dal foglio, che pure è l'attraente progetto di un nuovo muro verde per i grandi magazzini Bhv di Parigi, attratto dalle lunghissime unghie delle mani che lo tengono: unghie di tre centimetri se non di più, curate, pulite e tagliate a mandorla. Quella del pollice è verde bottiglia con lustrini di verdi più chiari e più scuri. Blanc indovina la domanda: «Le porto così da quando avevo dieci anni, in omaggio a Edith Piaf. Sa, vero, chi era Edith Piaf? I miei genitori non erano molto contenti».

No, il padre ispettore generale al ministero degli Affari sociali e la madre casalinga non dovevano essere entusiasti di avere un figlio maschio con le mani da maliarda. Che pure non hanno impedito a quel bambino nato in un sobborgo di Parigi nel 1953 e cresciuto in adorazione delle cascate muschiose del Bois de Boulogne, dove andava a passeggiare con la madre, di diventare un grande botanico, uno studioso capace di vivere per mesi su una zattera di legno a 30 metri d'altezza per studiare le piante delle foreste pluviali della Malesia, e il paesaggista europeo più ricercato da architetti illustri come Jean Nouvel e Renzo Piano, per i quali ha messo a punto diversi muri vegetali che sono diventati ovunque il suo segno di riconoscimento.

Il lavoro di Patrick Blanc all'Hotel Pershing Hall di Parigi

Le pareti ideate da Blanc, spesse 6 centimetri, vengono bagnate con un'irrigazione a circuito chiuso e costano
500 euro al metro quadro: un lusso accessibile

L'ultimo di questi muri, 800 metri quadrati di verde su una parete esterna del nuovo museo parigino di antropologia e arte primitiva il Musée de Quai de Branly voluto dal presidente Chirac, incornicia una parte del progetto architettonico firmato da Jean Nouvel con 15mila piante di 170 specie diverse, fatte venire da Giappone, Cina, Himalaya, Nord America ed Europa Centrale. «Spero che non sia andata a vederlo nei giorni scorsi perché quelli della manutenzione hanno fatto dei disastri. C'erano buchi?» chiede Blanc. Ma in effetti i disastri non si notavano. «I miei muri vegetali hanno bisogno di una manutenzione minima: basta una potatura leggera due o tre volte l'anno massimo».
«Ma al Quai Branly il comune ha usato un'impresa che pota gli alberi della città, si può immaginare... Su una cosa però mi sono impuntato con le autorità: niente barriere protettive tra il muro vegetale e la strada. La gente che cammina sul marciapiede deve essere libera, se lo desidera, di toccare foglie e muschi. Quelli del comune avevano paura dei vandali: non è mai successo che qualcuno abbia rovinato i miei muri».

Il Mur végétal che Patrick Blanc ha brevettato nel 1988, dopo averlo presentato alla Cité des Sciences et de l'Industrie della Villette di Parigi, è un giardino in verticale in cui si intrecciano alocasie, ficus, felci, dieffenbachie, filodendri e fatsie, imitando la vegetazione che cresce sulle pareti di roccia dietro le cascate tropicali, dove, pur in assenza di terra, piante diverse s'intrecciano fitte come nella giungla. È fatto di un'ossatura metallica eretta contro il muro esterno di una casa (ma con piante diverse si può fare anche all'interno) che sostiene un foglio di Pvc espanso di un centimetro di spessore su cui è fissato un feltro con tasche di poliammide che contengono le radici delle piante. «Lo spessore della struttura non supera i 6 centimetri». Non c'è un grammo di terra. Un sistema di irrigazione a circuito chiuso impregna il feltro in alto con una soluzione nutritiva contenente i sali minerali necessari, e il resto lo fanno la forza di gravità e la natura: «L'acqua scende lenta in basso dove è raccolta e rimandata in alto da una pompa. Il guano lo forniscono gli uccelli che vengono, fanno il nido nelle piante. E il vento si trova dappertutto». A 500 euro al metro quadro circa per trent'anni di durata garantita, bisogna ammettere che il Mur végétal è un lusso piuttosto accessibile.

Ed è un po' perché costa relativamente poco, e un po' perché Blanc è un idealista e attribuisce il suo successo a un cambiamento di mentalità nel modo a cui si pensano gli spazi urbani («La gente si sta accorgendo che abbiamo bisogno di riconciliare le necessità dei cittadini con quelle della natura»), che questo scienziato-artista cinquantatreenne che studia l'ecologia delle piante da ombra al Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) e insegna «le strategie che consentono alle piante di usare solo una frazione di luce per elaborare complesse ministrategie di adattamento» all'università di Jussieu (Paris IVe), racconta di voler portare i suoi muri vegetali nelle periferie parigine dei disordini del 2005, e in altri luoghi urbani deputati al brutto come tunnel, parcheggi e ferrovie.

Altrimenti il rischio è che la sua invenzione, esportata già in oltre cento città da San Paolo del Brasile a New York a Nuova Delhi a Seul, diventi appannaggio esclusivo di designer d'intemi di lusso come Andrée Putman, con cui Blanc ha realizzato la sala da pranzo dell'albergo Pershing Hall, vicino agli Champs Elysées. «Ci pensi», protesta questa star della botanica che vive in una casetta da mille e cento euro al mese nel sobborgo di Créteil a Parigi, perché ha un giardino piccolo circondato da grandi muri estemi su cui fare esperimenti. «Ho proposto dei muri vegetali per case popolari, in cui nel raggio di 50 centimetri dalle finestre la gente possa mettere le piante che vuole. Sono sicuro che una cosa del genere creerebbe più dialogo tra le famiglie e qualche scambio, ma nessun architetto mi ascolta!», protesta. Azzardiamo che i costi di manutenzione potrebbero essere un problema. «Ma no! Mantenere i muri vegetali costa molto meno che mantenere un piccolo giardino».

L'altra ambizione di Patrick Blanc, che lavora senza studio e senza assistenti («In Europa riesco a lavorare senza muovermi da Parigi, se voglio, perché conosco le piante che posso usare e le persone di cui fidarmi per la realizzazione. Altrimenti vado dove mi chiamano, disegno il progetto e scelgo le piante dai vivaisti locali»), è di far crescere i suoi giardini verticali a ridosso dei grattacieli. «Ho sempre adorato la città», dice, ricacciandosi in tasca le sigarette alla menta. «Tutto quello che desidero è portare la natura fuori dall'uscita della metropolitana. E alla mia maniera ho imparato a farlo senza sottrarre spazio agli esseri umani. Non è una cosa da poco, le pare?».

Un particolare del muro vegetale realizzato a Parigi da Patrick Blanc al Pershing Hall

 

Senza studio e senza assistenti riesce a lavorare in tutto il mondo.
Ha ricoperto musei come il Quai Branly e hotel di lusso,
ma vuole intervenire su metropolitane, parcheggi e periferie