PLUMBAGO IN 10 DOMANDE
di Samantha Gaiara ( Gardenia, agosto 2001)

Rampicante aggraziato e leggero, con fiori di un delicato azzurro pastello, è più coltivato di quanto si pensi.
Soprattutto in vaso, su balconi e terrazzi, dove si sviluppa con straordinaria naturalezza


1) QUANTE SPECIE DI PLUMBAGO ESISTONO?

Le specie appartenenti al genere PLumbago sono una decina, diffuse in regioni tropicali e subtropicali del mondo intero, esclusa Australia. Tuttavia l'unica coltivata e conosciuta in Italia è Plumbago capensis, o P. auriculata.
Le varietà appartenenti a questa specie sono poche e differiscono esclusivamente per il colore dei fiori, che possono essere azzurro cielo, oppure bianchi in P. capensis 'Alba'. In commercio si può trovare anche una varietà celeste scuro, 'Azureum', che è stata selezionata di recente e ha già riscosso un notevole successo per la copiosa fioritura e l'ottima rifiorenza.


2) QUALI LE ESIGENZE DI PLUMBAGO CAPENSIS?

Cresce bene in pieno sole, tuttavia può vivere anche in condizioni di mezz'ombra, a patto che si tratti di "un'ombra luminosa", come per esempio quella presente sotto una pianta con fogliame leggero o creata da una tenda di cotone.
Plumbago capensis, inoltre, tollera il caldo e l'aridità, ma non sopporta il gelo. Al Nord, quindi, la sua coltivazione sarà possibile in
grossi vasi o cassette da ricoverare, con l'arrivo dei primi freddi, in un locale dove la temperatura oscilli tra i 3 e gli 8 °C. In Riviera e al Sud, invece, la pianta vive bene anche in piena terra, ma nei giorni più freddi converrà comunque proteggere almeno le radici con paglia, torba o un telo di tessuto-non tessuto. In ogni caso è in grado di sopportare anche qualche gelata tardiva o improvvisa (purché non eccessivamente prolungata): la parte aerea morirà, e andrà tempestivamente eliminata, ma la primavera successiva rispunteranno nuovi rami e nuove foglie.


3) COSA FARE DOPO L'ACQUISTO?

Se la si vuole coltivare in vaso, nella primavera successiva all'acquisto andrà travasata in un contenitore più grande, tenendo presente però che il diametro definitivo del vaso non deve superare i 60 centimetri. Se le piantine sono piccole, scegliere comunque contenitori con un diametro minimo di 20 centimetri: lo sviluppo della pianta infatti è rapido e quindi non sono necessari molti rinvasi.
In quest'ultimo caso però bisogna bagnare poco, per evitare che si formino pericolosi ristagni idrici.


4) COME DEVE ESSERE ILTERRENO?

Cresce bene in qualsiasi tipo di terreno, a patto che sia ben drenato. I vivaisti la coltivano in una miscela costituita da terriccio torboso (60 per cento), terra limosa (30 per cento), argilla (20 per cento) e un certo quantitativo di concime a cessione programmata. In alternativa, vista la difficoltà di reperire i vari costituenti, andrà benissimo il terriccio per gerani già pronto. Se invece la si coltiva in piena terra sarà necessario arricchire quest'ultima con un po' di torba e di concime a cessione programmata (tipo "Baycote Gerani e Piante Fiorite", della Bayer).
Tutti gli anni, durante la fioritura, è necessario utilizzare un concime liquido da aggiungere all'acqua di innaffiatura. Va benissimo quello per gerani, ricco di potassio (K), elemento che favorisce la fioritura. Per quanto riguarda le
dosi, meglio somministrarne un piccolo quantitativo spesso, circa una volta alla settimana.


5) È NECESSARIO POTARE PERIODICAMENTE LA PIANTA?

P.capensis è specie sempreverde che però nelle nostre regioni (anche dove il clima è mite) non si comporta come tale: in primavera si presenta come un cespuglio spelacchiato e pallido. Per evitare inutili stress alla pianta, dovuti a eventuali gelate e forti venti, in autunno è perciò consigliabile potare vigorosamente, tagliando ap
pena sopra le prime ramificazioni. Anche mani inesperte possono eseguire questa operazione senza rischiare di compromettere la futura fioritura, che avviene sui rami dell'anno. In primavera, poi, si regolerà il taglio, cercando di dare alla pianta una forma armoniosa, mentre in estate si elimineranno i fiori appassiti, tagliando l'intera infiorescenza.
Se avete la possibilità di riparare la vostra Plumbago in una serra calda durante i mesi invernali, avrete la fortuna di vederla sempre fiorita: grazie alle temperature favorevoli, infatti, non entrerà in riposo vegetativo.


6) QUANTO BISOGNA BAGNARE?

La specie non necessita di moltissima acqua: si bagna al mattino o alla sera tardi, solo se tastando il terreno risulterà quasi asciutto (il che vuoi dire che, infilato un dito nella terra, ne uscirà pressoché pulito). Dopo aver bagnato è importante eliminare sempre dal sottovaso l'acqua in eccesso.
Dopo la potatura autunnale e fino alla primavera seguente, diminuire la frequenza delle innaffiature, in modo da favorire il riposo vegetativo della pianta.


7) COME SI PROPAGA?

La si moltiplica per talea semilegnosa: da giugno a fine settembre si prelevano talee lunghe 6-8 centimetri, provviste di due foglie, e le si pianta in torba umida (si consiglia di utilizzare le zollette di torba precompressa, perché pratiche e appositamente studiate per la radicazione delle talee). Queste ultime vanno lasciate all'ombra e innaffiate spesso. Dopo un mese circa avranno radicato: solo allora le si metterà in vasetti riempiti con l'apposito terriccio e si darà inizio a una concimazione graduale. Dopo circa 20 giorni le si potrà spostare al sole.


8) È NECESSARIO FORNIRLE SOSTEGNI?

P.capensis è una pianta sarmentosa, cioè dotata di rami lunghi e flessibili, detti appunto sarmenti,che possono essere ricadenti o rampicanti. Se si vogliono far risalire lungo un muro bisogna fornire loro dei sostegni, come per esempio graticci di legno o plastica, oppure semplici fili fissati alla parete per mezzo di chiodi. I sarmenti dovranno essere legati con rafia ai sostegni, poiché privi di viticci o ventose. Se invece si lasciano crescere liberamente, tenderanno a ricadere.
E possibile, inoltre, ottenere cespugli dalla forma globosa; in tal caso è necessario allevare le piante in vasi piuttosto piccoli (di 16-18 centimetri di diametro) e pota
re i rami per non farli crescere in modo eccessivo.


9) QUALI SONO I SUOI PREGI E QUALI I PUNTI DEBOLI?

Specie di facile coltivazione, ha poche esigenze: basta proteggerla dal freddo intenso per ottenere fioriture copiose, durature e vistose. Inoltre si presta a essere coltivata sia in giardino sia sul terrazzo o sul balcone.
Purtroppo, però, ha anche qualche difetto: basta infatti un acquazzone a far sì che le delicate infiorescenze diventino tanti straccetti informi... Per fortuna, dopo pochi giorni, sarà già ricoperta di nuove corolle. Un altro neo è forse attribuibile alle poche sfumature di colore disponibili, ma di fronte alla impalpabile nuvola di fiori azzurro tenero della specie più nota anche questo difetto si dimentica in fretta. Meno facile, invece, perdonarle la totale assenza di profumo.


10) SI AMMALA FACILMENTE?

In generale è una pianta molto resistente alle malattie e si ammala soltanto se si commettono errori di coltivazione. Se, per esempio, si lascia ristagnare a lungo l'acqua nel sottovaso o la si bagna troppo può ammalarsi di oidio. Foglie, calici e gemme si ricoprono allora di una muffa biancastra. In presenza, invece, di temperature elevate e umidità ridotta Plumbago capensis diventerà facile preda del ragnetto rosso, acaro che punge le foglie e succhia la linfa, riconoscibile per le sottili ragnatele che tesse attorno alle parti colpite.

SE SUCCEDE CHE...
... LE FOGLIE INGIALLISCONO E CADONO.

causa: ristagno d'acqua. soluzione: mettere uno strato di argilla espansa sul fondo del vaso ed eliminare sempre dal sottovaso l'acqua in eccesso.
... LA PIANTA NON FIORISCE.
causa: il terreno (o il terriccio dei vasi) è povero. Soluzione: somministrare un fertilizzante liquido con un'alta percentuale di potassio (K).
... LE INFIORESCENZE SONO POCHE.
causa: presenza di infiorescenze appassite.Soluzione:eliminarle a mano a mano che sfioriscono, in modo da stimolare lo sviluppo di quelle nuove.
... CHE LA PIANTA CRESCA PALLIDA E STENTATA.
causa: posizione troppo ombreggiata. soluzione: cercare di assicurare alla pianta una maggiore luminosità.


COME FARLA ARRAMPICARE


Per utilizzarla come rampicante è necessario scegliere due o tre rami più vigorosi sopprimendo tutti gli altri, e guidarli lungo un'inferriata o un traliccio cui è necessario legarli in qualche punto. Al momento della vegetazione, ossia verso marzo, si sopprimeranno i nuovi germogli che spunteranno dal piede, per lasciar crescere solo le vegetazioni di punta. In tal modo si potrà farla agevolmente salire in un paio d'anni circa due metri.
Da "Le piante rampicanti", di Guglielmo Betto, L'Ornitorinco, Rizzali Editore, Milano, 1986



PER NON SBAGLIARE...


• Attenzione a non confonderla con il gelsomino. La forma del fiore, infatti, può trarre in inganno. Non è difficile però fugare ogni dubbio, visto che non esistono né plumbago cosi deliziosamente e intensamente profumate né tanto meno gelsomini azzurri.

• Importante non scambiarla nemmeno per un Phlox, anche in questo caso infatti il fiore può trarre in inganno. Tanto più che alcune specie di Phlox possono avere fiori azzurri portati da infiorescenze molto simili a quelle della Plumbago. Ma il trucco c'è ed è quello di osservare le foglie: generalmente opposte in Phlox, sono invece alterne in Plumbago.

• Altra possibile confusione è quella con Ceratostigma plumbaginoides, che spesso si trova in commercio con il nome di Plumbago larpentae. Si tratta infatti di due generi botanici diversi, anche se le differenze non sono facilmente distinguibili, specie dal profano. La più evidente è che i fiori di Ceratostigma invece di essere disposti in spighe terminali, come quelli di Plumbago, sono raccolti in densi grappoli, di colore blu intenso.

• Sull'origine del nome esistono diverse ipotesi. Alcuni pensano che sia da attribuire al colore dei fiori di alcune specie, un azzurro che tende al grigio, vagamente plumbeo, appunto. Secondo altri, invece, deriverebbe dagli effetti collaterali provocati da una sua proprietà curativa: masticandone la radice, infatti, si stimola una salutare salivazione contro il mal di denti, che però assumono una tinta scura. La vera origine del nome. tuttavia, sembra sia da cercare in una credenza antica, secondo la quale la pianta veniva utilizzata per curare un'affezione degli occhi detta "plumbus.