Pensate che sia una sciagura? Vi dimostreremo che si tratta
                  di un'enorme ricchezza, se ben amministrata.
                  
                                
                Prendete
                    un etto di farina, aggiungete un po' d'acqua e impastate
                    fino a ottenere una pasta collosa. Dividetela in tre parti
                  uguali. Aggiungete alle prime due un pizzico di lievito e lasciatele
                  riposare per mezz'ora. Avvolgete il primo impasto con un foglio
                  d'alluminio, e ponete tutte e tre le parti sulla placca del
                  forno acceso a 150°. 
                  Dopo 20 minuti sfornate: l'unico impasto commestibile sarà quello
                  avvolto nell'alluminio.
                  Ebbene, per i vegetali l'argilla equivale alla farina: lasciata
                  tal quale con sola acqua, il sole la cementifica rendendola
                  indisponibile per le piante. Migliorandola con qualche ammendante
                  (analogo al lievito di poc'anzi), risulta più a lungo
                  disponibile. Infine, proteggendo la superficie con una pacciamatura
                  (il foglio d'alluminio), la situazione diviene ottimale.
                  Certo, potreste anche lasciarla tal quale: esistono comunque
                  alcune specie in grado di adattarsi a un terreno cosi inospitale,
                  duro come sasso e crepacciato in estate, inzuppato e asfittico
                  in inverno, ma se desiderate variare e concedervi qualche possibilità in
                  più, sappiate che esistono accorgimenti per rendere
                  vivibile la terra argillosa.
                  Mettete però in conto di fare un poco di fatica:
                  questo tipo di suolo è di natura pesante, e vangarlo
                  non è facile, richiede un grande sforzo. Eventualmente,
                  munitevi di una motozappa che, soprattutto all'inizio, vi sarà di
                grande aiuto e vi alleggerirà buona parte del lavoro.
                Un ambiente infernale
                  
  L’argilla è una componente del suolo costituita
                  da numerosissime particelle molto piccole, che si addensano
                  strettamente le une alle altre senza lasciare spazio alla circolazione
                  dell'aria. Viceversa l'acqua vi penetra imbibendole rapidamente
                  e in abbondanza, scacciando anche quel po' d'aria che potrebbe
                  esservi penetrata. Ne consegue che il terreno diviene asfittico,
                  per eccesso d'acqua e carenza d'aria.
                  Soccombono così subito le specie che necessitano di un substrato
                  leggero e senza ristagni idrici, e in seconda battuta anche
                  quelle meno rustiche che, d'inverno, si trovano per mesi con
                  le radici avvolte da acqua ghiacciata.
                  In estate la situazione ambientale cambia radicalmente: il
                  calore fa evaporare l'acqua e le particelle si asciugano "incollandosi" le
                  une alle altre. A questo punto, non solo non passa l'aria,
                  ma nemmeno le radici dei vegetali, che non possono allungarsi,
                  sovente rimangono schiacciate nel blocco compatto o vengono
                  strappate quando due blocchi si separano a formare un crepaccio.
                  Se poi si allungano in superficie, la parte più asciutta,
                  facilmente si seccano: tutte le specie ad apparato radicale
                  superficiale non resistono alla prima estate calda in terra
                  argillosa.
                Le piante adatte
                  
  Eppure, dicevamo che alcune piante ben si adattano a questo
                    ambiente inospitale: si tratta di specie che hanno sviluppato
                    un sistema radicale di profondità, munito di numerosissime
                    radici e radichette in grado di rigenerarsi velocemente.
                    Qualche esempio? Il pero e il ranuncolo.
È 
                  vincente anche la radice a fittone, che si comporta come una
                  trivella, spingendosi in profondità (anche a più di
                  1 m) per attingere a riserve
                  idriche sotterranee, difficilmente prosciugabili anche durante
                  l'estate (purché non sia come quella del 2003...).
 
                  Il
                  percorso verticale, inoltre, le salvaguarda in una certa misura
                  nei confronti dei crepacciamenti, che strappano soprattutto
                  le radici orizzontali o inclinate. Appartengono a questa fortunata
                  categoria le barbabietole, le cicorie, i lupini, il
                  taràssaco e la consolida. In alternativa,
                  una strategia intelligente messa a punto da alcuni vegetali
                  consiste nell'attendere il
                  momento più favorevole per lo sviluppo, vale a dire
                  le stagioni di passaggio durante le quali l'acqua è abbondante
                  ma non eccessiva: è il caso dei bulbi primaverili (tulipani
                  botanici e coltivati, narcisi e gladioli spontanei e no ecc.),
                  dell'Arum italicum, della Tussilago,
                  tutte specie che vegetano fin quando il terreno è umido
                  e vanno a riposo non appena si asciuga.
                  Al contrario, c'è chi considera come stagione sfavorevole
                  l'inverno, proprio per l'eccesso di umidità: la piantaggine                  per esempio, seppur munita di radici profonde che le assicurano
                  l'acqua in estate, per non soffocare in inverno perde spontaneamente
                  buona parte dell'apparato radicale, mantenendo solo le porzioni
                  superficiali vicine al colletto (che respirano di più data
                  la vicinanza all'aria libera). Saranno sufficienti per riprodurre
                  l'intera rete di radici a partire dalla primavera. Nel contempo,
                  le radici morte apportano sostanza organica al terreno e liberano
                  piccoli spazi ove può penetrare l'aria. Discorso simile
                  per la dicentra, le primule e le pulmonarie: quando il suolo
                  si asciuga, il fogliame si secca, sebbene la pianta non sia
                  morta. Basteranno le piogge autunnali, unite all'abbassamento
                  della temperatura, a riportarle in vita: non incaponitevi a
                  bagnarle in estate, perché le indebolireste solo.
                
                      Un terreno da amare e correggere
                    
                  Che optiate per specie resistenti di natura o per piante tolleranti, è buona
                  norma preparare il terreno ad accoglierle. Come primo passo,
                  dovete vangare in profondità il suolo, per decompattarlo,
                  arieggiarlo e migliorarne il drenaggio. La vangatura va condotta
                  secondo il metodo classico, procedendo all'indietro e da destra
                  verso sinistra, scavando per tutta la lunghezza della vanga,
                  senza rivoltare le zolle levate e versando il terriccio della
                  prima trincea nella seconda e cosi via (il substrato dell'ultima
                  trincea riempirà la prima).
                  Qualunque terreno andrebbe lavorato quando è "in
                  tempera", cioè quando ha un grado di umidità tale
                  da non rimanere impantanati ma da poter formare una pallina
                  lavorando in mano un pochino di terra. Il consiglio vale ancor
                  di più nel caso di un suolo argilloso, che d'inverno è fangoso
                  e zuppo, d'estate duro e secco, all'inizio della primavera
                  o al termine dell'autunno troppo freddo (a causa dell'elevato
                  tenore idrico). Allora, gli unici momenti favorevoli
                  alla vangatura (ma anche alla piantagione) sono dati dai mesi
                  di
                  aprile-maggio e settembre-ottobre.
                  
                  Durante la lavorazione è consigliabile un apporto di "correttivi" naturali
                  per migliorare la struttura del terreno (che tende comunque
                  a ricompattarsi). Per esempio, aiuta una pala rasa di ghiaia
                  calcarea di media grossezza (0,8-1 cm) aggiunta a ogni zolla
                  prima di riportarla nella trincea; un'altra mezza pala può essere
                  sparsa in superficie (penetrerà col tempo). Un secchio
                  pieno è necessario al momento della piantagione, sul
                  fondo della buca (che quindi dev'essere molto più profonda
                  del pane di terra) per assicurare il drenaggio; un mezzo secchio
                  va mescolato invece al substrato che userete per riempire la
                  buca attorno alla pianta. 
È utile anche l'apporto di compost o di letame maturo, se di
                  provenienze sicure: spargeteli in superficie (perfetti per
                  le aiuole di erbacee o nell'orto) e interrateli con una leggera
                  zappettatura. Nelle buche d'impianto di alberi e arbusti, in
                  mancanza dei precedenti potete usare terriccio di foglia o
                  torba (un secchio sul fondo della buca sopra alla ghiaia di
                  drenaggio).
                  Infine, la calce spenta - contenente molto calcare attivo -
                  riesce ad agglomerare le particelle d'argilla in coaguli contenenti
                  anche aria e acqua, migliorando di molto la situazione. Va
                  incorporata durante la vangatura, in dose di 500 g/metro quadro,
                  o in superficie zappettando, in dose dimezzata. Due sole avvertenze:
                  non va impiegata se la terra dovrà accogliere piante
                  acidofile (alcalinizza il suolo), né in contemporanea allo
                  spargimento del letame (attendete un anno).
                
                Accorgimenti di piantagione
                  
  Si è già accennato ai periodi migliori di piantagione.
                  Precisiamo: i mesi primaverili sono perfetti per le piantine
                  erbacee, il cui apparato radicale può più facilmente
                  resistere all'aridità che non all'umidità prolungata.
                  Invece per alberi e arbusti è meglio attendere l'autunno,
                  sgranando il più possibile il pane di terra per allargare
                  le radici nella buca: l'umidità susseguente farà il
                  resto.
                  Per garantirvi al massimo nell'impianto delle specie legnose,
                  la cui sostituzione in caso di esito negativo è sempre
                  onerosa, scavate una buca grande il doppio rispetto al pane
                  di terra, avendo cura di non rivoltare le zolle cavate. Ponete
                  sul fondo la ghiaia, poi il secchio di letame o compost, poi
                  aprite il pane di terra, posizionate l'albero o arbusto nella
                  buca allargando le radici, quindi coprite con le zolle originarie
                  spezzettandole solo nel momento in cui le reintegrate nella
                  buca. Dopo la piantagione, pressate leggermente la terra attorno
                  al piede: in autunno-inverno - specie se piove molto - non
                  calpestatela mai più, piuttosto anticipate o rimandate
                  le potature.
                  
                  Consolatevi pensando che, se doveste effettuare uno spostamento
                  importante, nei periodi favorevoli non fareste fatica: le radici
                  si sfilano facilmente dal substrato senza strapparsi, e il
                  pane di terra rimane ben coeso attorno al piede, riducendo
                  le sofferenze per il vegetale.
                  Ugualmente, non pestate la terra delle aiole: conducete le
                  operazioni dall'impianto alla raccolta o eliminazione camminando
                  su un'asse poggiata nella zona di lavoro. Se proprio dovete
                  passare sulla terra, appena finito lavoratela con un sarchiatore
                  o un erpice nei primi 5-7 cm per favorirne l'aerazione.
                
                Nelle stagioni estreme
                  
  Anche per le piante più adatte ai terreni argillosi,
                  l'inverno e l'estate rimangono stagioni-limite, durante le
                  quali si verifica sempre una certa sofferenza. Per mitigarla
                  durante l'inverno, la soluzione sta nel drenaggio.
                  Se il vostro suolo si inzuppa gravemente e a lungo, e desiderate
                  risolvere una volta per tutte il problema, dovete ricorrere
                  a una ditta specializzata che ponga in opera in profondità i
                  tubi di drenaggio attraverso tutto il giardino o le parti di
                  esso più colpite. È necessario un progetto creato
                  da un perito agrario o agronomo specializzati, perché bisogna
                  valutare la pendenza, le posizioni dei tubi, i raccordi della
                  canalizzazione, lo scolo all'esterno... In casi meno gravi,
                  qualche piccolo rimedio fai-da-te esiste. Se il terreno
                  ha una lieve pendenza naturale, scavate alcune scoline (fossatelli,
                  solchi di scolo) larghi e profondi 5 cm, seguendo
                  il verso del declivio.
                  Costruite aiole rialzate di circa 10 cm: il rialzo è dato
                  da apporto di sabbia, terriccio e letame mescolati alla terra
                  originaria. Conferite alle aiole una leggera pendenza in modo
                  da poter tracciare leggeri solchi di scolo lungo i lati.
                  Non piantate in prossimità dei muri dell'edificio, dove
                  più facilmente si verificano ristagni d'acqua:se proprio
                  non volete rinunciare a un bel rampicante, inserite un tubo
                  di drenaggio e optate per glicini, clematidi (Clematis
                  viticella,
                  C. jackmannii) e viti (Parthenocissus, Ampelopsis,
                  Vitis coignetiae),
                  più resistenti in situazioni ancor meno ottimali.
                  In estate invece va evitata la formazione della crosta superficiale
                  che prelude al crepacciamento in profondità. Una sarchiatura
                  o erpicatura o leggera zappettatura (fino a 5 cm di profondità)
                  effettuate ogni 7-10 giorni rompono la crosta e arieggiano
                  il substrato, predisponendolo ad accogliere e trattenere l'acqua
                  d'irrigazione.
                  Oppure potete intervenire a monte, riducendo la quota di evaporazione
                  idrica mediante uno spesso strato di pacciamatura con materiale
                  organico:
                  foglie, residui di sfalcio, compost, tutto va bene, purché sia
                  morbido e acquoso. Ancora più a monte? Nelle aiole,
                  piantate le erbacee molto fitte, in modo che siano loro stesse
                  a coprire il suolo.
                
                 
                
                
                  
                    
                      
                        Vangare
                                  e faticare, ma poi arrivano le soddisfazioni 
                         | 
                       
                     
                      
                        
                            | 
                           Se
                                  seguirete i nostri consigli con costanza, nel
                                  giro di 5-7 anni il terreno che accoglie le
                                  piante sarà migliorato al punto da ospitare
                                  proficuamente anche specie più delicate.
                                  E voi potrete andare orgogliosi del successo. 
                           | 
                         
                       
                      
                        
                          Qualche
                                  miglioramento del terreno è sempre necessario:
                                  basta qualche palata di compost o torba, da
                                  mescolare bene alla terra esistente. Dopo qualche
                                  anno di apporti, potrete ottenere un giardino
                                  ricco e sano, con salvie, nepeta, Geranium, viole,
                                  iris e clematidi. 
                                
                           | 
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                Calce
                mille usi                
                
                La
                      calce è una sostanza "correttiva" (che
                      cioè corregge la natura chimica) del terreno. Essendo                  ricca di calcio, viene utilizzata in genere per innalzare
                      il pH di un suolo troppo acido. Con questo intento si utilizza
                      la calce spenta o calce idrata [Ca(OH)2],
                      da spargere in autunno dopo le lavorazioni.
                            Se pennellata sulle parti legnose degli alberi
                            da frutto riflette i raggi solari allontanando
                            il rischio di scottature estive.
                    Favorisce una corretta fermentazione del
                    compost e del letame (1 kg/metro cubo).
                    Sul tappeto erboso, sparsa sul muschio ne
                    scoraggia la proliferazione (100 g/mq).
                    C'è chi la utilizza per segnare sul
                    terreno o sull'erba le linee di piantagione o di scavo.
                    La calce viva (CaO) invece ha un buon potere
                    antisettico e viene utilizzata come disinfettante spargendola
                sui resti di colture malate che vanno subito seppelliti.  
                 
                 
                
                  
                    Dopo
                    la correzione  | 
                  
                  
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                      Una
                              volta lavorata l'aiola e corretto il terreno, come primo anno potete coltivarvi piante annuali
                              quali amaranti, celosie, nicotiane, zinnie, flox
                              annuali, cosmee, malvoni, nigelle. Se le trapiantate,
                              ponete sul fondo della buca uno strato di 2-3 cm
                              di ghiaia e un pugno di terra di foglie. Oppure
                              seminatele in piena terra dopo metà maggio,
                              quando le condizioni sono ottimali. 
                         
                        Fra i campioni di resistenza la violacciocca dà
                                grandi soddisfazioni: fiorisce senza interruzione
                                fino ai geli e si autorisemina ogni anno. 
                                 
                          Piantate specie annuali al piede di alberi con
                            apparato radicale denso: all'inizio il feltro di
                          radici ruberebbe il nutrimento alle erbacee perenni.
                          Meglio
                      una buona pacciamatura fino al quinto anno dell'albero. 
                       | 
                  
                
                
                  Gli
                alberi
                Se
                    abitate in una zona asciutta d'estate, scegliete Prunus,
                    Pyrus e Malus da
                    fiore (o da frutto), pini neri, ontani 
bianchi,
                    carpini neri, roverelle, pioppi bianchi e tremuli, il sorbo
                     montano e quello degli
                    uccellatori, aceri pseudoplatani e platanoidi, alberi di
                    Giuda. In aree fresche e umide, optate per abeti, cedri,
                    farnie e roveri, salici, frassini, ornielli, carpini bianchi,
                    ontani neri, pioppi neri, aceri negundo, betulle, tigli.
                          Il pero. Ama un terreno argilloso-siliceo
                          o argilloso-calcareo. Produce fiori e frutti anche
                          se esposto a nord, purché in un luogo non troppo
                          ventoso. Resiste fino a -10 °C. 
                  I salici. Amano i terreni ricchi d'acqua,
                  tant'è vero che spesso si trovano lungo le rive dei
                  fiumi. Fra i più "assetati", il salice piangente,
                  ma tutti si trovano bene sull'argilla. 
                  I sorbi. Più ingombrante (fino a 10
                  m d'altezza) quello montano, più contenuto (7-8 m) quello
                  degli uccellatori, sono belli tutto l'anno.
                  Le betulle. Sopportano fino a -18°C e
                  il ristagno idrico. Ha dimensioni più contenute B.
                  jacquemontii                  (8-10 m d'altezza). 
                  I tigli. Regalano la profumatissima fioritura
                  di giugno e un'ombra densa in estate. Il più piccolo è Tilia
                  cordata 'Erecta' che tocca "solo" i 12-15 m d'altezza. 
                  L'acero pseudoplatano. Cresce rapidamente
                  (max 5-6 m d'altezza, nelle varietà) e in primavera
                si ammanta di foglie rosate. Esistono anche varietà colonnari.
                 
                Gli
                    arbusti
                
                
                  
                      | 
                  
                
                
                  Nelle aree dalle estati secche, puntate su lonicere arbustive,
                      coronilla, cotogno giapponese, forsizia, colutea, berberis,
                      viburni, iperico. Fra i rampicanti i glicini. Per le zone
                      con una certa umidità estiva, la scelta spazia fra
                      deutzia, sambuco, kerria, filadelfi, weigela, abelia, spiree,
                      lillà, Physocarpus, buddleia, Caryopteris.
                      Fra i rampicanti, clematidi, passiflora, vite americana
                      e canadese.
                  
                  La
                  buddleia. In fiore, fra giugno e agosto, attira
                  miriadi di farfalle.
                  Va piantata in pieno sole. Tende a espandersi
                      in diametro (fino a 3 m):
                    va regolata con la potatura in settembre, a sfioritura avvenuta.
                    
                    Il filadelfo. I fiori candidi, semplici
                      o doppi, hanno un profumo delicato e penetrante. Necessita
                      di un ottimo
                      drenaggio
                        sul
                        fondo della buca. Può vivere e fiorire anche a
                        mezz'ombra.
                      L'iperico. Piantatelo a mezz'ombra per
                        frenarne lo sviluppo esuberante,
                    fornendogli un drenaggio perfetto. Perfetto per la terra
                        argillosa, perché vuole umidità ma non
                        durante l'estate.
                      I viburni. Tranne il laurotino, hanno
                        tutti crescita rapida e possono divenire ingombranti. Si
                        trovano meglio in
                    pieno
                        sole. Curate il drenaggio. 
                      Le spiree. Quelle bianche
                        sono esuberanti e rapide nella crescita, quelle rosa
                        più lente
                        e contenute. Sopportano freddo, caldo, aridità,
                        purché pacciamate
                  al piede.
                  
                  
                
                Le
                erbacce e i bulbi
                                
                
                
                      
                  
                  Dove l'estate è arida, contate su acànto, aconito,
                  asfodeli, euforbie, peonie, emerocallis. Fra i bulbi, Eranthis
                  hyemalis,
                  tulipani botanici, narcisi, gladioli, iris, Allium.
                  Se la terra in estate rimane umida, provate anemoni, brunnera,
                  hosta, rudbeckia, rabarbaro, consolida (Symphitum). Tra le
                  bulbose, crochi, colchici, crocosmia, bucaneve, giacinti, camassia, Leucojum
                  aestivum.
                  L'emerocallis. Vive "di niente":
                  piantatela in una buca ben drenata, poi fiorirà ogni
                  anno da sola, senza aiuti d'alcun genere.
                  Le peonie. Le peonie erbacee, una
                  volta curato il drenaggio all'impianto, rinascono e fioriscono
                  tutte le primavere. Pacciamate bene la base in estate.
                  La deutzia. Affonda le radici In
                  profondità, in cerca d'acqua.
  Vuole sole e una posizione riparata, con pacciamatura al piede d'inverno.
  I narcisi. Amano (tranne le giunchiglie) i suoli pesanti
  e compatti, soprattutto le varietà a fiori grandi. Il drenaggio però dev'essere
  buono, senza ristagni. 
  Il glicine. Con le sue profondissime radici non teme
  la siccità o
  il suolo asfittico, solo il freddo gli fa paura (max -5°C). 
  Gli ibischi. Soprattutto Hibiscus moscheutos (ibisco di palude) è a
  suo agio sull'argilla (non correggetela con la calce), con un buon drenaggio.
  Ama la mezz'ombra.
                
                      Con beneficio d'inventario
                    
                    
                  
                Le rose sono per antonomasia arbusti da terreno argilloso.
                      La nomea è senz'altro valida, ma con qualche distinguo.
                      Il suolo ricco d'argilla rimane comunque un fattore limitante,
                      soprattutto per piante apprezzate per i fiori. Se desiderate
                      esemplari fioriferi, robusti e sani, scegliete varietà il
                      più possibile vigorose e resistenti alle malattie;
                      in caso contrario, l'ambiente difficile deprimerebbe la
                      fioritura e faciliterebbe l'insorgere di malattie.
                      
                      Altre specie, normalmente resistenti su terreni argillosi,
                      nelle annate particolarmente secche si ammalano con facilità di
                      oidio: è il caso di flox, astri, verbene, petunie/surfinie.
                      Non trattatele con antioidici: non servirebbero, perché l'aridità atmosferica
                      altera senza rimedio la fisiologia del vegetale. Meglio
                eliminarle e sostituirle con altro.
                 
                 
                
                 
                Il
                        lillà.
                        
                  Il lillà (Syringa vulgaris) ama un
                      terreno fertile tendente all'argilloso e moderatamente
                        calcareo, grazie alle radici molto numerose e dense.
                        In autunno favoritelo
                      con una pacciamatura di letame maturo. Preferisce il pieno
                    sole (all'ombra non fiorisce) e resiste fino a-10°C.