LA NOMENCLAURA DELLE PIANTE
di Riccardo Motti (Giardini, febbraio 2001)

"Il latino della scienza e dei dotti, unica lingua che mette d'accordo tutti"


'uso della nomenclatura scientifica nella denominazione delle piante crea spesso imbarazzo in molti amatori ed appassionati di botanica. Questo comprensibile imbarazzo si trasforma a volte in un rifiuto all'uso di essa, e si continuano quindi a chiamare le piante con i nomi comuni.

La ragione di questo risiede presumibilmente nella scarsa conoscenza dei meccanismi e delle regole di questo tipo di nomenclatura. Il tutto è aggravato dall'uso del latino, ma essendo stata questa, per secoli, la lingua della scienza e dei dotti, è tradizione che si continui ad usarla e d'altra parte sarebbe l'unica ancor'oggi a mettere tutti d'accordo.

D'altro canto, il motivo per cui i botanici continuano a spingere per il suo uso diffuso, risiede fondamentalmente nella necessità di creare un linguaggio comune, al riparo da continue e possibili incomprensioni. Scopo di quest'articolo è dunque, quello di fare un po' di chiarezza sull'uso della nomenclatura scientifica onde invogliare sempre
più persone ad utilizzarla senza timori reverenziali.

Questa immagine, opera di Redouté, è stata tratta da Lilies - ed. Tashen.
Oggi questa pianta è classificata nel genere Hosta.

 

LA STORIA PRIMA DI LINNEO

ARISTOTELE NEL IV SECOLO a.C. E DI0SCORIDE 400 ANNI DOPO
Per comodità possiamo dividere la storia della botanica in due periodi distinti: quello prima di Linneo e quello successivo alle codifiche del botanico svedese. In occidente, la storia della descrizione delle piante effettuata in maniera sistematica si può far risalire al IV secolo a.C. con Aristotele ed il suo allievo Teofrasto; circa 400 anni dopo, Dioscoride descrive in maniera ragionata oltre 600 piante medicinali. Quest'opera segna un passo importante nella storia della botanica e ad essa faranno riferimento gli studi successivi sulle piante.
Per centinaia di anni vengono scoperte nuove essenze che sono classificate con sistemi diversi ed alle quali sono attribuite descrizioni farraginose e nomi lunghissimi. Ovviamente i nomi variavano da una regione all'altra e spesso lo stesso nome era dato in regioni diverse a piante diverse. Questo generava evidentemente continue confusioni e l'impossibilità di creare un linguaggio universale. Basti pensare al perìodo medievale in cui si producevano i cosiddetti erbari figurati, che sovente, al posto di un elemento basilare (fiori, foglie, ecc.), rappresentavano l'organo umano che quella pianta contribuiva a curare.
PER CENTINAIA DI ANNI VENGONO ATTRIBUITE DESCRIZIONI FARRAGINOSE E NOMI LUNGHISSIMI
ANDREA CESALPINO RIUNISCE LE PIANTE IN CLASSI LOGICAMENTE DISTINTE
Un primo passo in avanti per la creazione di un sistema unico di comunicazione, fu rappresentato dalla produzione di erbari con piante seccate (exsiccata) che, pur nella mancanza di una denominazione, rappresentava almeno una concreta possibilità di confronto. Tale merito va ascritto al botanico italiano Andrea Cesalpino (1501-1577) che fu anche il primo a riunire le piante da lui conosciute in classi logicamente distinte. Ci si avvicina così all'avvento dei sistemi artificiali di classificazione; questi sono basati su elementi morfologici, scelti arbitrariamente dall'autore, per condurre ad una facile individuazione degli esemplari.
Giuseppe Pitton de Tournefort (1656-1708) suddivise in categorie le piante sulla base del loro habitus. Tale sistema ebbe abbastanza fortuna anche nelle Università italiane fino all'avvento dirompente del sistema linneano.
GIUSEPPE PITTON DE TOURNEFORT SUDDIVISE IN CATEGORIE SULLA BASE DELL'HABITUS

LINNEO

Carlo Linneo (1707-1778), fin da giovanissimo mostra una spiccata predisposizione alla didattica ed agli studi sistematici e nel 1735 pubblica il suo Systema Naturae in cui codifica un sistema artificiale basato sul numero degli stami e degli stili. Seppur lacunoso questo sistema riscuote immediato successo e viene conservato più o meno inalterato fino al 1850. Linneo introduce inoltre il concetto di specie come unità fondamentale della sistematica e, facendo sue le idee di Bauhin, che si riprometteva di dare due nomi a tutte le cose create, conia il sistema binomiale. Così il Ranunculus seminibus aculeatis folìis superioribus decompositis linearibus diventa Ranunculus arvensis e questo possiamo ben dirlo è un bel passo in avanti per la comodità e funzionalità di classificazione e comunicazione!

 

LE SPECIE


I biologi hanno dato, nel tempo, numerose definizioni del concetto di specie, in linea di massima può essere definita come un insieme di individui che hanno gli stessi caratteri distintivi o più precisamente: un insieme di individui, tra di loro interfecondi, corrispondenti tra loro per tutti i caratteri essenziali, dai quali si originano discendenti a loro volta interfecondi e che conservano le stesse caratteristiche dei genitori.


IL NOME DELLA SPECIE E' DATO DA DUE PAROLE: EPITETO GENERICO ED EPITETO SPECIFICO

Hibiscus rosa-sinensis


II nome dello specie è dato da un insieme di due parole, la prima è detta epiteto generico e la seconda epiteto specifico. La prima indica quindi in quale genere ricade la pianta, la seconda il nome della specie all'interno del genere. Abbiamo così nomi quali: Hibiscus rosa-sinensis e Hibiscus syriacus dove Hibiscus è il genere e le due precedenti sono le specie. Va sottolineato quindi che syriacus e rosa-sinensis sono epiteti specifici e non il nome della specie in quanto questo è dato solo dalla combinazione dei due epiteti.


CATEGORIE TASSONOMICHE

Genere e specie costituiscono dunque ciascuno un esempio di categoria tassonomica o taxon (taxa al plurale). Questa può essere definita come l'insieme convenzionale di individui aventi caratteristiche di similarità secondo il sistema utilizzato ed aventi in particolare un certo grado di affinità genetica.


SPECIE, GENERE, FAMIGLIA, ORDINE...

Definita la specie come unità fondamentale avremo delle categorie di rango superiore come genere, famiglia, ordine e così via. Ne discende che un genere sarà un insieme di una o più specie, una famiglia un insieme di uno o più generi, un ordine un insieme di una o più famiglie.
La sistematica botanica ha un sistema molto complesso di organizzazione delle categorie tassonomiche, la descrizione di questo esula però dagli scopi di questo articolo e dagli interessi di chi si occupa di piante ornamentali. A scopo puramente conoscitivo viene illustrata in tabella l'intera sequenza delle categorie e delle loro desinenze.

 

LA SCRITTURA E LA GENESI DEI NOMI

EPITETO SPECIFICO 
L'epiteto specifico viene scritto con l’iniziale minuscola e deve concordare con il genere dell'epiteto generico, può essere in forma di aggettivo, di sostantivo al genitivo o di una parola in apposizione; esso può essere descrittivo dell'ambiente in cui vive la pianta (es. agrestis, campestris, arvensis = dei campi, nemoralis, sylvestris = dei boschi; pratensis = dei prati, ecc.), del luogo di origine (es. japonicus, canariensis, canadensis, occidentalis, ecc.), può descrivere una caratteristica morfologica della pianta (es. longifolia, tuberosum, spinosum, myrtifolia, ecc.), può descrivere una prerogativa della pianta (es. edulis, officinalis, tinctoria, ecc.), può essere dedicato a una persona più o meno celebre (es. wilsoniae, smithii, sieboldianus, ecc.) o può essere di fantasia (es. bella-donna, litigiosus, ecc.).
L'epiteto generico viene scritto con l’iniziale maiuscola e può essere coniato sulla base del nome popolare della pianta, può essere dedicato a qualcuno o descrivere delle peculiarità come nel caso dell'epiteto specifico. Può essere maschile, femminile o neutro. Fa specie che i nomi degli alberi della seconda declinazione siano femminili anche se la desinenza è ovviamente in us (es. Taxus baccata), ma non più dei nomi maschili (p.es. agricola) della prima declinazione (antichi ricordi scolastici).
EPITETO GENERICO

LE FAMIGLIE

II nome della famiglia viene scritto sempre con iniziale maiuscola. prende la desinenza aceae, preceduta dal nome della specie utilizzata per istituire la famiglia (es. Asteraceae, Poaceae, Oleaceae, ecc.). Fino a qualche anno fa le famiglie potevano avere un nome di fantasia o descrittivo di una peculiarità ed in tal caso la desinenza era ae (es. Compositae, Gramineae, Labiatae, Leguminosae, ecc.), tale possibilità è stata ormai definitivamente accantonata (e le precedenti sono diventate rispettivamente: Asteraceae, Poaceae, Lamiaceae, Fabaceae).
E' prassi che in tutti i testi, siano essi scientifici o divulgativi, il nome delle categorie tassonomiche sia scritto in corsivo.

LE CATEGORIE TASSONOMICHE


Cistus incanus

LE SOTTOSPECIE

Tralasciamo le altre categorie di rango superiore che, come già detto, rivestono un'importanza relativa per i non specialisti. Citiamo invece le categorie di rango inferiore alla specie che vengono comunemente utilizzate.
Queste sono fondamentalmente la sottospecie e la varietà. La sottospecie si istituisce quando i caratteri differenziali non sono ritenuti dall'autore tali da poter far assurgere l'esemplare ritrovato a rango di specie (es. Cistus incanus subsp. creticus).
L'abbreviazione di sottospecie è dunque subsp. e non ssp. come si ritrova in alcuni testi.

LE VARIETÀ'





Quando i caratteri differenziali sono ancora più sfumati e dunque l'autore ritiene di non poter istituire una sottospecie
, si può usare un'ulteriore categoria di rango inferiore che è la varietà (es. Ceanothus thyrsiflorus var. repens). L'abbreviazione corretta è dunque var.

 

 

LE CULTIVAR

II termine cultivar deriva dall'inglese cultivated variety e viene attribuito a quelle piante selezionate per un attributo particolare o un insieme di attributi e che sono chiaramente distinte, uniformi e stabili per le loro caratteristiche e che, se propagate, le mantengano inalterate.
Pertanto non possono assolutamente essere chiamate specie, varietà o forme, come invece frequentemente accade nella pratica corrente. Cultivar è in italiano un sostantivo femminile, e il suo nome deve essere scritto fra virgolette semplici (es. 'BristoI Ruby'), mai in corsivo, e non può essere più lungo di 10 sillabe o 30 caratteri. Non è sufficiente, anzi è un errore, identificare una cultivar facendola precedere dalle abbreviazioni cv. o var. o utilizzando le virgolette doppie. Infine i nomi delle cultivar vanno sempre scritti nella lingua originale, pronunciati nella lingua originale, cioè non in latino, ma è purtroppo prassi commerciale cambiare il nome della cultivar, per esempio il Sedum telephium 'Herbstfreude' viene commercializzato come S.t. 'Autumn Joy': è la legge del mercato, bellezza!

GLI IBRIDIAbelia x grandiflora

Dall'incrocio di due specie diverse si genera un ibrido, le piante derivanti possono non essere uguali l'una all'altra ma vengono comunque raggruppate sotto lo stesso nome, così come i reincroci. L'ibrido si indica con la lettera x. Ad esempio Abelia x grandiflora è il nome degli ibridi ottenuti dall'incrocio di A. chinensis con A. uniflora.
L'incrocio può avvenire fra due generi diversi ed in questo caso la x precede il nome di un nuovo epiteto generico che viene di solito formato usando, in tutto o in parte, gli epiteti dei due generi incrociati. Abbiamo ad esempio x Cupressocyparis (Cupressus x Chamaecyparis) oppure x Halimiocistus (Halimium x Cistus). Nota bene: x si legge sempre per, cioè Abelia per grandiflora.


I NOMI DEGLI AUTORI
Affrontiamo adesso la parte più complessa e apparentemente incomprensibile della nomenclatura botanica; le regole impongono infatti che il binomio specifico sia sempre seguito dal nome dell'autore. Chiariamo subito che per autore si intende colui che per primo ha descritto e dato un nome ad una nuova specie, sottospecie o varietà e ha pubblicato questa descrizione in una rivista scientifica di pubblico dominio, assumendone la paternità.
Tale descrizione e denominazione viene accompagnata da un saggio d'erbario o da un'illustrazione che costituirà il riferimento, chiamato tipo (typus), di quella specie. I nomi degli autori raramente si scrivono per esteso ma vengono generalmente abbreviati (es. L = Linneo).
Quindi, tornando alle specie precedentemente citate, il modo corretto di scriverle sarà: Hibiscus rosa-sinensis L, Hibiscus syriacus L, Cistus incanus L subsp. creticus (L.) Heywood, Ceanothus thyrsiflorus Esch. var. repens Mc Minn.
Frequentemente si può ritrovare il nome di autore in parentesi; prendiamo il caso della comune margherita dei giardini, il primo ad aver visto e descritto questa pianta fu Linneo che la chiamò Chrysanthemum frutescens L; qualche tempo dopo, il botanico tedesco K. Schultz Bipontinus riconobbe la validità della descrizione di Linneo ma ritenne più opportuno inserire la specie in un genere diverso e cioè Argyranthemum, trasformandola quindi in Argyranthemum frutescens; poiché rimane valido il primo epiteto specifico (frutescens) istituito da Linneo, per conservare memoria di questo la dicitura esatta sarà: Argyranthemum frutescens (L) Sch. Bip. Tale nome è quello correntemente in uso anche se nella pratica viene ancora chiamata Chrysanthemum. Il caso di Cistus incanus L subsp. creticus (L) Heywood è leggermente diverso: Linneo istituisce due specie di cisti: il Cistus incanus ed il Cistus creticus. In seguito Heywood ritiene che le differenze fra le due piante non siano tali da poterle considerare specie distinte ma siano sufficienti per farle ritenere due sottospecie.
Poiché il nome originario o basionimo, deve essere conservato anche in un passaggio di categoria tassonomica, come nel caso precedente esso sarà ricordato utilizzando la L in parentesi.
Abbiamo visto dunque che cambi di generi o di rango generano delle sinonimie. Queste nei trattati di botanica sono generalmente riportate in carattere diverso e precedute dal segno =. Quindi avremo ad esempio Cistus incanus L subsp. creticus (L) Heywood = Cistus creticus L.
SINONIMIE,
QUANDO PIÙ'AUTORI
INTERVENGONO NELLA COSTRUZIONE DEL NOME
"EX", "ET, "NON"
INDICANO ALTRE SINONIMIE

Non è questo l'unico caso in cui si hanno delle sinonimie, a volte può accadere che diversi autori abbiano individuato separatamente la stessa pianta ma le abbiano dato nomi diversi. In questo caso vale la priorità temporale di descrizione e il nome assegnato alla pianta dall'autore della descrizione stessa, quindi tutti i nomi istituiti in seguito cadranno in sinonimia.
Alcune volte si può trovare la particella ex come ad esempio in Garrya elliptica Douglas ex Lindi, tale particella definisce la paternità della descrizione da parte di Lindley.

Il nome dell'altro autore viene citato quando questi è stato il primo a individuare o accertare la pianta ma non ne ha effettuata la pubblicazione o, nella pubblicazione, non ha seguito le regole convenzionali richieste dalla botanica ufficiale.
La paternità di un binomio appartiene infatti all'autore della pubblicazione anche se il solo binomio, privo di descrizione, appartiene ad altri autori. Ciò vale anche se l'autore lo ascrive ad altri o ha da altri ricevuto un campione d'erbario, ma manca un'affermazione esplicita che questi abbiano contribuito alla pubblicazione. In questi casi prima del nome dell'autore della pubblicazione può essere inserita la paternità ascritta, seguita da ex.

Un caso abbastanza comune è l'uso dell' et, questo significa che gli autori dell'opera in cui è contenuta lo descrizione sono due, come ad esempio per Hydrangea paniculata Sieb. et Zucc. o più di due come in Arbutus xalapensis Hunb., Bonpl. et Kunth.

Un altro caso abbastanza frequente è quello in cui un autore ho commesso un errore di determinazione o ignori che il nome sia stato già utilizzato; nel riferirsi alla specie accertata si userà allora il non. Esemplare è il caso di Lonicera pyrenaica. La paternità di questo binomio appartiene sia a Linneo che a Ledebour, ma solo la prima è giusta e va conservata, la Lonicera pyrenaica di Ledebour va in sinonimia con la Lonicera tatarìca precedentemente descritta dallo stesso Linneo. La dicitura corretta sarà quindi la seguente: Lonicera tatarica L - Lonicera pyrenaica Ledeb., non L
Questo caso ci aiuta a capire quanto sia importante dunque l'uso del nome dell'autore, solo in questo modo è possibile infatti risalire con certezza alla specie.

Citiamo infine s.l. l'abbreviazione di "sensu lato" che spesso si ritrova dopo il nome dell'autore. Tale espressione viene applicata quando si cita una specie che abbia anche delle sottospecie senza fare riferimento a nessuna di queste; così se scriviamo Coronilla emerus L s.l. vuol dire che non siamo in grado di stabilire o non riteniamo importante indicare se si tratti della subsp. emerus o della subsp. emeroides.

" s. l.": SOTTOSPECIE NON CITATA


 

CODICE INTERNAZIONALE DI NOMENCLATURA BOTANICA
Tutto quanto esposto finora è contenuto e regolamentato da un Codice Internazionale di Nomenclatura Botanica; chi volesse cimentarsi nella lettura (un po' arida e ostica, a dire il vero) potrà consultare il volume 29, numero 1 del 1997 dell' Informatore Botanico Italiano (bollettino della Società Botanica Italiana).